In questi giorni a Trieste si è tornato a parlare di Norma Cossetto, figura elevata a simbolo nel suo ruolo di vittima del cosiddetto Secolo breve e dei suoi eccessi. Questa volta però si tratta di un volume che, per molti versi, conserva tracce autobiografiche che pur rimanendo nel rimando politico, regalano, a chi le sa cogliere, una chiave femminile, relazionale, emotiva di un dramma.
Nei giorni scorsi a Trieste è stato infatti presentato “La verità per la riconciliazione. Il sacrificio di Norma Cossetto nella tragedia dei giuliani-fiumani-dalmati” scritto da Rossana Mondoni, un’insegnante piemontese che vive a Ghemme, un paesino dove risiede anche Licia Cossetto, sorella dell’allora giovane congiunta seviziata orrendamente e infoibata nel primo dopoguerra.
Il libro che parte da questa vicenda, edito dal Centro Studi e Ricerche storiche “Silentes Loquimur” di Pordenone, è stato presentato al Civico Museo Sartorio di Trieste alla presenza dell’autrice, del Sindaco Roberto Dipiazza, dell’onorevole Roberto Menia, del presidente della Federazione degli Esuli Renzo Codarin, di Marco Pirina, del Centro Studi che ha editato il libro e di Licia Cossetto.
A presentare Rossana Mondoni è stato inizialmente Roberto Menia, che ha ricordato come l’autrice sia figlia di un ex- deportato a Mauthausen fortunatamente sopravvissuto, una persona che ha saputo insegnare quale sia il peso dei nazionalismi e di tutte le paure e ritorsioni ad esso collegate, riflessi lontani che nel tempo si fanno sentire come fratture mal rimarginate.
A tutto questo si somma la mancanza di verità storica, la tendenza alla strumentalizzazione dei dati e delle statistiche a seconda del clima politico di riferimento. I presenti parlano di un silenzio italiano su fatti italiani, dei quali la maggioranza degli italiani non sa nulla. Quindi il titolo incentrato sulla Verità e sulla Riconciliazione, che suona come un appello ad un riconoscimento innanzitutto. Pirina usa un’immagine esplicativa per definire le sorti di chi è finito nell’oblio e parla di “scomparsi senza un fiore”. In mezzo a tutta questa amarezza, Pirina non dimentica di dire che la riconciliazione, alla fine, è anche con sé stessi, pena una non-accettazione e una mancata sublimazione dei traumi che, altrimenti, non verrebbero mai superati.
Rossana Mondoni, alla quale spetta la presentazione vera e propria del volume, alla fine dei precedenti interventi prende atto invece di come le sue paure sulla falsificazione storica siano più forti e maggiori quando si constata il proliferare di “giustificazionisti”, considerati da lei più pericolosi dei cosiddetti “negazionisti”; un binomio che la riporta alla scelta di far parte dell’Aned, un’associazione di congiunti di ex-deportati meno politicizzata dell’Anpi, che le consente di esprimere il suo passato senza dover per forza accettare altre trasformazioni della sua realtà.
Aldilà di tutte le relative premesse politiche, accompagnate anche da una presentazione del leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini direttamente nel volume, troviamo fra le pagine proposte anche un’umanità particolare, che riporta alla memoria episodi pacifici dell’Istria prima degli eccidi e dei trattati, ripercorsi attraverso la voce di Licia Cossetto. Anche se a Trieste vediamo un’anziana caparbiamente piena di forze e commossa, nell’intervista rilasciata alla Mondoni si scorgono le tipiche dinamiche delle famiglie italiane dell’epoca, con i loro ideali politici ma anche con un background dove si vede integrazione, relazione, vita di ogni giorno su un territorio plurale. Tutto questo prima di arrivare a Norma, che infatti fino all’ultimo era una ragazza assennata che vagava in bicicletta per i paesi vicini alla sua Santa Domenica di Visinada, nell’intento di reperire materiale per la sua tesi. Nel libro scopriamo qualcosa in più del carattere di questa giovane di sani principi, che forse non si sarebbe mai immaginata una fine così crudele e uno status simbolico così greve in un futuro incerto. Ripercorriamo quindi in queste pagine i rapporti fraterni tra le due sorelle Cossetto, la rigida educazione impartita loro dai genitori, ma anche l’apertura mentale degli stessi che hanno permesso a Norma, in quegli anni, di trasferirsi a Padova per motivi di studio, per frequentare un’Università vicina ai propri interessi. Norma voleva scrivere una tesi dal titolo “Istria Rossa”, intendendo il colore della bauxite presente nella penisola. Ironia delle sorte, o molto peggio.
Alla fine troviamo anche tante foto dei Cossetto e alcune poesie scritte dal professore universitario Carlo D’Ambrosi, che doveva accompagnare Norma nella sua ultima fatica accademica; si tratta di versi scritti subito dopo aver saputo della sua fine e legate ad un intimo presentimento del Professore che, vedendola per l’ultima volta, ebbe una stretta al cuore, qualcosa di inspiegabile che anche adesso, sotto forma di ricordo, perdura.
Emanuela Masseria