Alla fine dell’Ottocento, partito da Bisceglie in provincia di Bari, un mercante d’oro sceglie Ragusa come meta della sua attività. Quello che doveva essere un viaggio d’affari si trasforma in un traguardo: qui incontrerà la bella Maria Muscielin che diventerà sua sposa e gli darà quattro figli maschi.
E’ una delle tante storie di famiglia che Francesco Bongi ama narrare con la soddisfazione di chi può testimoniare l’affascinante intreccio delle proprie radici. Ragusa come culla e come meta: Bongi, infatti, è il nuovo Console italiano onorario della città dalmata.
“A dire il vero in attesa di exequatur” – precisa, sottolineando la passione per le sfumature che spesso sono sostanziali.
Il nonno di Francesco, il più giovane rampollo della felice unione tra il mercante d’oro e la bella Maria, sposerà a sua volta Nives de Berti figlia di un capitano di porto delle Bocche di Cattaro.
E visto che buon sangue non mente Francesco Bongi e suo padre si occupano di collegamenti marittimi nella loro agenzia di Ragusa.
Lo incontriamo a Pesaro al Raduno dei Dalmati nel Mondo al quale partecipa per la prima volta.
“Allora, da dove iniziare… Sono nato a Ragusa, ho studiato a Zara dove mi sono laureato in Lettere e Storia, ho insegnato per quattordici anni a Ragusa poi, con mio padre, ho aperto un’agenzia marittima”.
A Ragusa non c’è una scuola italiana, la lingua dove l’ha imparata?
“Da bambino parlavo il dialetto italiano con il nonno Francesco e la nonna Nives. La mamma di mia nonna era una Bastioni di Trieste. Ricordo ancora le filastrocche che mi insegnava e i giochi che facevamo insieme. Quando ho iniziato a frequentare le scuole ho scelto l’italiano come lingua facoltativa e da lì a studiare lettere il passo è stato breve”.
Ma in che cosa consiste oggi la presenza italiana a Ragusa?
“Oltre a storia, lettere ed architettura, c’è la testimonianza di tanti cognomi che raccontano il rapporto continuo nei secoli tra le due sponde: Capurso, Storelli, dell’Olio, Dicelli, Pasqualicchio, Povia, Sivilotti tanto per citarne alcuni. Erano mercanti che arrivavano dalla Puglia e qui stabilivano la loro residenza diventando ragusei a tutti gli effetti. Fino al 1943 esistevano le scuole italiane. Dopo la guerra, la lingua si è mantenuta all’interno di alcune famiglie rimaste in loco e piano piano è scomparsa, erosa dal tempo e dal diminuire del flusso di genti dall’altra sponda dell’Adriatico. A Ragusa, passata al Regno dei Serbi Croati e Sloveni dopo il 1918, funzionava anche un Consolato generale d’Italia che organizzava incontri e intrattenimenti. I nonni mi raccontavano delle feste in occasione del Natale con la tombola e i doni. La vita della comunità era vivace”.
Nel dopoguerra, il silenzio. Poi una ripresa coincisa con che cosa?
“Negli anni ’90 viene fondata anche a Ragusa la Società Dante Alighieri la cui presenza segnerà la svolta. Nei primi anni ci si accorse con stupore dell’esistenza di un grande interesse per i corsi di lingua italiana con una frequenza veramente soddisfacente. Da qui il gusto di organizzare anche delle conferenze di arte e cultura, incontri ed altra attività sociale”.
Perché questa rinascita, a che cosa va ascritta, secondo lei?
“Credo che il motore principale, ancora una volta, sia quello economico: il turismo mette in contatto la gente, il bisogno di comunicare è fondamentale per mantenere dei buoni rapporti e svilupparne sempre di nuovi. Ma, non da meno è la necessità di carattere psicologico e storico-sociale. Il dialetto che si parla a Ragusa è infarcito di termini della parlata veneta ed italiana, la nostra cultura gastronomica è un sunto del travaso tra diverse realtà vicine, la cucina pugliese e quella ragusea sono molto simili e poi c’è il legame con le famiglie spesso divise tra le due sponde. Sono motivi più che validi per far scattare la molla della curiosità e quindi del bisogno di approfondire la conoscenza”.
Un esempio di contaminazione nel dialetto raguseo?
“Citerò una frase che secondo me è molto indicativa e incredibilmente simpatica: se si vuole comunicare l’arrivo della nave in porto, si afferma che Vapor je arivo, butao je ankoru davanti Lokrun a pasageri su se skalali s vapora. Non si tratta di determinare l’intensità della contaminazione, se prevalga la lingua italiana o quella croata, bisogna riconoscere che questo è il frutto di una civiltà creata dalla storia e che esiste in quanto fenomeno presente di una realtà che è stata costruita per secoli da chi ci ha preceduti. Un unico rammarico: il dialetto raguseo si sta perdendo”.
Che cosa si può fare?
“Si sta preparando un vocabolario per documentarne le caratteristiche, ma non basta. Mi sono posto più volte questa domanda e la risposta è anche nell’aver accettato questo incarico. Il desiderio di fare qualcosa è il motore dei piccoli passi che si stanno compiendo a favore di questa cultura che ci unisce. Ho iniziato come tesoriere della Dante, poi ho ampliato la mia collaborazione al Consolato di Spalato dove ho conosciuto il Console Marco Nobili che consideriamo uno di noi, a tutti gli effetti. Sono stati la sua personalità ed il suo impegno a risvegliare in noi il desiderio di impegnarci. Un aiuto particolòare ci è stato fornito anche dall'Ambasciatore italiano a Zagabria, Alessandro Graffini, che si è occupato con grande slancio all'iter di apertura del Consolato. Poi nel 2000, ho avuto modo di fermarmi a Fiume e sono diventato socio della Comunità della città quarnerina dove pago regolarmente le quote d’associazione”.
Lei dirige con suo padre un’agenzia marittima, com’è stata l’evoluzione dei rapporti tra le due sponde?
“A dire il vero, ho accettato questo incarico di Console onorario, anche per ragioni anagrafiche perché il vero console a casa mia è mio padre, direi che lo è sempre stato, di fatto, in tutti gli anni in cui si è occupato di fornire assistenza ed appoggio ai contatti tra i porti dell’Adriatico. Per tanti anni un armatore di Ancona, e poi da Venezia, assicurava i collegamenti giornalieri con Bari dove noi s’andava a fare compere, a trovare i parenti, qualcuno anche a studiare. Oggi non ci sono purtroppo compagnie che assicurino questo servizio ed è una realtà che pesa sul nostro mondo abituato da sempre ai contatti via mare”.
Come Console onorario potrà cercare di cambiare la situazione?
“Cercherò di farlo come raguseo. Come Console sarò a disposizione dei cittadini italiani che chiederanno il mio intervento. Spesso si tratta del rimpatrio di salme o di fornire documenti provvisori nel caso di furti o smarrimenti degli originali, qualche caso giudiziario e altro ancora. Ma il mio desiderio è di fungere da ponte tra le due sponde dell'Adriatico che ho sempre considerato un mare che unsice le genti e non che le divide».
E per quanto concerne la cultura, che le sta particolarmente a cuore?
“Mi piacerebbe che il Consolato con la Dante diventassero un punto di riferimento per chi ama la cultura e la civiltà italiana, dove poter consultare dei volumi, vedersi qualche film, sviluppare quell’amicizia e quella collaborazione o sinergia che sono una bandiera della nuova Europa. Ragusa, una città europea lo è sempre stata con la sua storia di autonomia e di ricchezza economica in quanto Repubblica marinara, con la letteratura, il teatro, la cultura in genere e non ultima con la sua bellezza che la pone ai vertici delle città patrimonio dell’umanità. Noi così ci sentiamo”.
Rosanna Turcinovich Giuricin