Trieste-Toronto. Tra qualche giorno nella città di Chatham, a sud-est di Toronto, la locale Comunità giuliano-dalmata ricorderà in modo solenne i cinquant’anni dall’arrivo dei primi gruppi di corregionali in quella lontana località. Noi ci saremo.
Quasi dieci ore di volo, dall’aeroporto del FVG di Ronchi via Roma, per raggiungere la capitale dell’Ontario. Dieci ore per riflettere, o comunque da far passare in vario modo.
La loro vicenda, a raccontarla, ha tutte le caratteristiche di una storia di forte impatto emotivo ma, quando nel 2000 alle cascate del Niagara, s’era svolto il raduno mondiale dei giuliano-dalmati, più che storie di tristezza e nostalgia, avevamo raccolto testimonianze di grande franchezza: l’esodo è stato duro, dolorosa la separazione, inquietante l’incognita del nuovo Paese da scoprire, forte l’impegno, ragguardevoli i successi, spesso trasformati in un esodo d’eccellenza accompagnato da orgoglio e soddisfazione. Chatham confermerà quest’analisi o ci riserva delle incognite? Intanto ci guarderemo intorno.
Tre film di terza categoria durante il volo, un sonnellino, una specie di pranzo, uno spuntino, un po’ di ginnastica consigliata dall’affascinante ragazza che ogni tanto compare sul video di bordo, aiutano ad arrivare a destinazione. L’aria condizionata fa bruciare occhi e gola, rende difficile la lettura. La prima classe è stata eclissata da due tendine di cortesia, antipatiche a dire il vero, come sul mitico Titanic qui continuano ad esistere le discriminazioni di censo, con la differenza che chi siede in seconda classe poteva benissimo permettersi un biglietto di prima ma lo considera probabilmente un inutile spreco.
Mare sotto di noi: il Mediterraneo, terra: la Spagna, ancora mare: tanto Oceano, e poi ancora la terraferma prima di scorgere Toronto dall’alto sulle rive del lago Ontario.
La down town, il centro città, è un pugno di grattacieli sui quali spicca la CNTower, la torre panoramica con il ristorante che per la durata di un pranzo, ruotando su se stesso, ti fa fare comodamente un giro completo sul panorama dei grattacieli ed il territorio circostante di eleganti quartieri di casette in stile vittoriano in legno, mattoni e pietra. In periferia grossi condomini raggruppano gente di colore o immigrati di ultima generazione. Altri, molto eleganti, con piscina, palestra e strutture varie, sono riservati ai pensionati che qui trovano confort ed assistenza. Una società molto ben organizzata quella canadese, aperta e rispettosa dei diritti, tanto che gli immigrati di ultima generazione ti sorprendono con atteggiamento rilassato, ben amalgamati con l’ambiente che li circonda.
In questo mondo variegato si muovono con disinvoltura i giuliano-dalmati di Toronto, riuniti nel loro Club guidato da Franco Reia da Capodistria (Carcase). Fanno parte del direttivo i due vicepresidenti Guido Braini da Capodistria (Sermin), Grazietta Scarpa Cattani da Fiume ed i consiglieri Gino Bubola da Buie, Bruno Bocci da Parenzo, Adriana Gobbo da Pola, Loredana Reia Semenzin da Capodistria (Carcase), Carlo Milessa da Fiume e Wanda Stefani da Capodistria, Mario Jo Braini nato a Toronto da genitori capodistriani (nella funzione di tesoriere) e Dinora Bongiovanni da Fiume (segretaria). Il prof. Konrad Eisenbichler da Lussinpiccolo è direttore del giornale “El Boletin” nonché presidente della Federazione dei Club dei giuliano-dalmati del Canada.
Il Club nasce nel 1968 – tra i fondatori i fiumani Alceo Lini e Luciano Susan scomparsi qualche anno fa a breve distanza l’uno dall’altro, fiumano anche il primo presidente Carlo Milessa, rovignese il consigliere Giovanni Nino Rismondo – dal bisogno dei giuliano-dalmati arrivati per vari percorsi in Canada, di incontrarsi ed avviare un’attività di contatto e conservazione delle proprie peculiarità culturali.
Halifax era stato il porto d’arrivo quasi per tutti nei primi anni cinquanta. Il viaggio lungo doveva ancora iniziare, in treno, fino alle località di destinazione. Ore e ore di corsa alla scoperta di paesaggi innevati così diversi dai territori di provenienza. Ad attenderli, in alcune località, addirittura un comitato d’onore e la banda. Scesi dal treno – raccontano – s’erano guardati in giro smarriti, convinti di essere capitati nel bel mezzo di una festa paesana. Mai avrebbero pensato, visti i tempi e le vicende che si lasciavano alle spalle, che quel benvenuto fosse per loro.
Guido con la giovane sposa ed il figlio nato da poco, Loredana con i suoi fratelli, le sorelle ed i genitori, un giovanissimo Edo Cernecca e tanti altri hanno raccontato soprattutto della grande promessa che allora fecero a se stessi: essere finalmente sereni e possibilmente felici in questa nuova terra. Continua…
Rosanna Turcinovich Giuricin