di Stefano Giantin
BELGRADO Lo hanno arrestato all'aeroporto di Vienna mentre era in viaggio per l'Italia. Jovan Divjak – eroe per i bosniaci, traditore per i nazionalisti di Belgrado – è da giovedì in stato di fermo nella capitale austriaca. Su di lui pendeva un mandato di cattura internazionale emesso dalla Serbia. Nel 1992, pur essendo serbo e colonnello della Jna, l'esercito federale jugoslavo, aveva scelto di schierarsi dalla parte dei bosniaci per difendere la «sua» Sarajevo multietnica. Fu il solo militare serbo a diventare generale delle forze bosniache. Due decenni dopo, Divjak rimane per Belgrado un sospetto criminale di guerra.
L'ex generale avrebbe giocato un ruolo chiave nella battaglia urbana di via Dobrovoljacka. Il 3 maggio 1992, la Jna stava abbandonando Sarajevo durante un cessate il fuoco concordato tra i belligeranti. I soldati federali avrebbero potuto lasciare la città in cambio del rilascio del presidente Alija Izetbegovic, finito nelle mani della Jna. Ma l'Armija bosniaca ruppe l'accordo. Nell'attacco alle colonne dell'esercito federale cadde un numero ancora oggi imprecisato di soldati e ufficiali. Per i serbi, Divjak è uno dei responsabili del massacro. Per i bosniaci, all'opposto, Divjak non è solo il generale che ha rinnegato la Serbia, ma anche lo scrittore che in «Sarajevo, mon amour» ha denunciato i crimini di tutte le parti impegnate nel conflitto. E l'attivista che ha fondato una ong per aiutare gli orfani di guerra, dove ora si attende il suo ritorno. «Divjak sarà trattenuto per 15 giorni, ma la Bosnia sta preparando i documenti necessari alla sua difesa», spiega fiducioso Edin Becarevic, segretario dell'associazione «Educazione per la costruzione della Bosnia». Nel frattempo, decine di sarajevesi hanno chiesto il rilascio dell'ex generale.
Al loro «restituiteci Jovo» ha risposto il ministero della Giustizia serbo: «chiederemo presto l'estradizione di Divjak». Se Vienna dirà sì, la questione rischia di trasformarsi in un pericoloso casus belli dalle imprevedibili conseguenze. A Sarajevo alcune centinaia di persone hanno organizzato un corteo di protesta nel centro cittadino, fermandosi davanti all'ambasciata austriaca. Quando hanno cercato di dirigersi verso quella serba è intervenuta la polizia che glielo ha impedito. Varie ong serbe hanno criticato l'arresto di Divjak, affermando che sarebbe molto più utile e produttivo per Belgrado arrestare Ratko Mladic e Goran Hadzic, gli ultimi due criminali di guerra serbi richiesti dalla giustizia internazionale.