Lo spettacolo teatrale Magazzino 18 di Simone Cristicchi, scritto con la collaborazione di Jan Bernas, ha il grande pregio di essere uno spettacolo unico nel suo genere, poiché è in grado di trasferire emozioni e conoscenza per una vicenda dolorosa e negata.
L’opera, di cui si è tenuta la prima ieri sera, 22 ottobre, a Trieste ha segnato e segnerà un momento storico per l’epopea dell’esodo giuliano-dalmata e per la tragedia delle foibe e della pulizia etnica subita, dopo il 1945 ed a guerra conclusa, dalle popolazioni italiane della sponda orientale dell’Adriatico.
Cristicchi, con la sua arte e la sua sensibilità, è stato in grado di raccontare in maniera lineare la complessa vicenda istriana, fiumana e dalmata, dando così voce e calore al concetto di memoria, istituendo un momento celebrativo a cui è difficile dirsi estranei, poiché derivante interamente da una storia che è parte indissolubile del patrimonio nazionale.
La rappresentazione trasmette, anche alle persone più semplici o distanti dagli eventi che hanno segnato un intero popolo, un desiderio per una verità a lungo taciuta ed un’urgenza di giustizia ad oggi negata, valori negati che frustrano ed umiliano non solo chi è esule o ha patito la discriminazione per una diversità non voluta, ma l’intera società civile che non può tacere di fronte ad un’ingiustizia costituita da silenzi, negazioni o, peggio, giustificazioni.
Cristicchi fa concludere la rappresentazione con una finestra aperta sul domani: la memoria ha senso se è in grado di costruire percorsi per una civiltà fatta di tolleranza, integrazione, rifiuto dell’odio e della sopraffazione.
La memoria non è un sentimento, né una cosa astratta, ma immagina e costruisce percorsi, reali e tangibili, di civiltà.
I luoghi della memoria costituiscono gli elementi concreti da cui ripartire per una coscienza civile all’insegna del rispetto reciproco, pur restando fedeli alla propria identità.
Ed è ora che tali sacrari della memoria siano visibili, visitabili ed incontrabili.
A cominciare proprio dal Magazzino 18 dell’odierno Porto Vecchio di Trieste; sarebbe ora che fosse aperto al pubblico. Sarebbe ora che le famiglie che sanno dei beni dei loro genitori lì custoditi, potessero toccare con mano parte della loro memoria familiare ad oggi ancora negata.
Trieste 22 ottobre 2013
Antonio Ballarin
presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
(foto Il Piccolo)