La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha rigettato senza motivazioni il ricorso, presentato un anno fa dopo la sentenza negativa della Corte di Cassazione, sugli ulteriori indennizzi agli esuli per gli espropri patiti alla fine della seconda guerra mondiale. Nemmeno di una sentenza si tratta e per tal motivo questa decisione della Corte Europea suona come una sonora sberla presa in piena faccia e che riporta alla realtà: gli esuli di lingua italiana dell’Istria, di Fiume del Quarnaro e della Dalmazia non contano nulla, sono una trascurabile entità. Questo popolo autoctono e variegato che ha patito sulla propria pelle la persecuzione nel secondo dopoguerra e che ha pagato, in più generazioni, per l’intera nazione italiana, i debiti di una guerra tutt’altro che voluta, non possono avere giustizia per via giuridica. Questi esuli, le loro famiglie ed i loro discendenti, hanno subito le conseguenze morali e materiali di uno Stato che si è comportato e, tranne pochissime eccezioni, continua a comportarsi, come un signorotto feudale nei confronti dei ‘propri’ servi della gleba. Questi esuli rappresentano un mondo da dimenticare. Sono ‘vecchi’, non solo e non proprio anagraficamente. Ma in ciò che essi rappresentano. Sono noiosi. Hanno segnato il loro tempo. Sono dei ‘vinti’ e come tali vanno trattati: senza pietà, senza giustizia e, soprattutto, nella dimenticanza. Quel poco che si è riuscito ad ottenere – qualche legge per la tutela della nostra storia e della nostra cultura, una legge in difesa della memoria, degli indennizzi ridicoli spezzettati in molti, moltissimi, troppi anni – è frutto di una costante, pervicace, continua sollecitazione, da parte di quelli che dentro questo popolo proprio non si sono potuti arrendere, verso quella politica, purtroppo minoritaria, che un minimo di senso morale lo detiene ancora.
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