Esodo dalmata sotto silenzio
Paolo Barbi, esule dalmata, ex parlamentare europeo
NAPOLI
Signor direttore, anche lo scorso 10 febbraio il Comune di Napoli (sindaco Jervolino e assessore Guida) ha organizzato, come nei tre anni precedenti, la celebrazione di "giorno del ricordo" istituito dalla legge “12/2004 "per conservare e rinnovare la memoria della tragedia delle foibe e dell'esodo dalle loro terre di origine degli Istriani, Fiumane e Dalmati nel secondo dopoguerra e della complessa vicenda del confine orientale", invitando una rappresentanza di studenti delle medie superiori. Le cronache giornalistiche non ne hanno parlato. Forse c'è ancora chi teme che quel "ricordo" possa riattizzare le ostilità nazionalistiche italo-slave? O che possa dare vita ad una nuova forma di revanscismo italiano anticroato? (come effettivamente nel 2007 il presidente Mesic rinfacciò clamorosamente al presidente Napoletano). Eppure gli effetti di quel "ricordo" sono stati altamente positivi. Non solo perché hanno portato allo storico incontro "pacificatore" a Trieste dei tre presidenti delle repubbliche italiana, croata e slovena. Ma soprattutto perché hanno avviato un ulteriore sviluppo della consapevolezza degli italiani e degli slavidel fatto che i nazionalismi – specialmente quando sono stati strumentalizzati dai totalitarismi nazista, fascista e comunista tìtino – hanno prodotto odio, sangue e rovine in tutta l'Europa e ultimamente anche all'interno della Jugoslavia. Dunque il ricordo dell'esodo giuliano-dalmata, oggi dopo sessantanni, deve servire a tutti per capire i disastri del nazionalismo sciovinista. E anche per prender coscienza dell'inestimabile valore della costruzione unitaria europea. Quindi il "giorno del ricordo" non può esser considerato solo come consolazione per gli esuli – del resto ormai ridotti a pochi vecchi superstiti. Deve essere, invece, soprattutto l’occasione per far conoscere bene tutto ciò anche alle nuove generazioni e per educarle al federalismo europeo. Perciò è deplorevole che a Napoli non solo la Ragione e la Provincia, ma persino il Provveditorato agli studi e moltissimi Presidi non abbiano sentito il dovere di organizzare una celebrazione che ha valore politico e finalità educativa. E che, comunque, è stabilita per legge (gli è che, come si sa, in Italia fin dai tempi di Dante "le leggi son, ma chi pon mano ad elle"! Neanche le istituzioni dello Stato).
(courtesy MLH)