Riceviamo e pubblichiamo con piacere un ricordo riguardo al primo sindaco del Comune di Pola in esilio, scritto da Laura Brussi. È l’opinione intensa di una esule di Pola. Si può così comprendere meglio ciò che accadde in Istria, a Fiume e in Dalmazia dopo la seconda guerra mondiale. Si capisce pure come si è mosso il mondo associativo dell’esodo giuliano dalmata. Si ringrazia l’autore per avercelo inviato. Ecco il brano di Laura Brussi, che è Consigliere dell’Opera Nazionale per i Caduti senza Croce / Volontariato per non dimenticare.
Elio Varutti
ANVGD Udine
ONORE AD UN AMICO PATRIOTA: BRUNO ARTUSI
Difensore dell’Italianità istriana, esempio di nobile Volontariato, primo Sindaco del Comune di Pola in Esilio, vive nelle onorificenze conferitegli dai Presidenti Antonio Segni e Sandro Pertini.
Bruno Artusi (Pola 18 agosto 1914 – Novara 15 settembre 1985), patriota integerrimo ed irredentista della prima ora, ha costituito una presenza molto importante nella vita della mia Famiglia, con particolare riguardo al tempo dell’Esilio, e cioè dal momento in cui le decisioni della Conferenza di pace (1946) costrinsero una maggioranza plebiscitaria della popolazione ad abbandonare l’amato capoluogo istriano, e con esso, i sepolcri degli Avi, le abitazioni, il lavoro, i ricordi. Nel breve volgere di pochi mesi, l’Esodo da Pola si sarebbe completato col primo trimestre del 1947 coinvolgendo oltre trentamila persone, mentre chi scelse di restare fu appena il sette per cento: in sostanza, si ebbe un’autentica dichiarazione collettiva d’italianità, tanto più probante perché accompagnata dalla perdita di ogni bene.
Alcuni mesi più tardi, il trattato di pace firmato in febbraio sarebbe entrato in vigore (15 settembre) con la simbolica consegna delle chiavi di Pola deserta, fatta da un ufficiale britannico, il Col. Bowman, nelle mani di un esponente politico del nuovo regime, il tristemente noto Ivan Motika: a quel punto, l’Esodo dei nostri concittadini si era completato da mesi, anche se le ultime partenze – quelle di chi era rimasto in città per dovere di servizio – avvennero alla mezzanotte del giorno anzidetto, momento in cui ebbe luogo il trasferimento di sovranità.
La mia Famiglia andò a Novara, dove qualcuno ci avrebbe chiesto perché non eravamo rimasti a Pola. In effetti, la domanda era strumentale, perché tutti i 350 mila Esuli da Venezia Giulia, Istria e Dalmazia non avrebbero potuto né voluto abbracciare l’ideologia comunista, e con essa l’ateismo di Stato, responsabili di tanti delitti contro l’umanità, alcuni dei quali avevano colpito nostri amici e congiunti. Rimanere a Pola sarebbe stato impossibile perché avrebbe significato tradire la Patria e soprattutto la Fede.
Le accoglienze non furono sempre ottimali, come le cronache dell’epoca hanno puntualmente testimoniato: in diverse occasioni, gli Esuli furono offesi nella loro italianità e nel loro amore patrio, tanto che alcune madri, per tenere a bada i bambini, li minacciavano – qualora non fossero stati buoni – di farli “mangiare da un profugo”. Fu così che gli Esuli potevano essere invitati a tornare nel cosiddetto “paradiso di Tito” in cui qualcuno si ostinava a credere, tanto che circa duemila comunisti italiani furono protagonisti della scelta opposta a quella dei 350 mila – la differenza delle cifre non ha bisogno di commenti – emigrando in una Jugoslavia considerata alla stregua di un Paese ideale. Alcuni, dopo la rottura fra Belgrado e Mosca consumata nel breve termine, rimasero fedeli al Cremlino andando incontro a un destino infausto, o nella migliore delle ipotesi, al fortunoso rientro in Italia.
Quanto a noi, ci rimboccammo le maniche, e mio Papà, anche alla luce delle sue ottime esperienze professionali, ebbe la ventura di trovare subito un’ottima occupazione nel Gruppo Montecatini Edison, dapprima a Milano e poi a Novara, dove si sarebbe riunito col suo grande amico Bruno Artusi, nell’ambito di una sincera e forte amicizia proseguita per tutta la vita, e confermata dal fatto che, in tempi successivi, lo stesso Artusi sarebbe stato mio testimone di nozze.
Assieme a lui, e con una ventina di altri patrioti Esuli dal capoluogo istriano, il mio Papà Andrea Brussi fu tra i fondatori del Libero Comune di Pola in Esilio, esercitando a lungo l’incarico di Revisore dei conti, in collaborazione e sintonia con lo stesso Artusi, che altrettanto lungamente avrebbe avuto quello di primo Sindaco del Comune medesimo, con un impegno prioritario e certamente sentito: quello di alleviare le innumerevoli sofferenze degli Esuli, anche attraverso l’utile e fattiva collaborazione del Comandante Libero Sauro.
Quest’ultimo, figlio dell’Eroe Caduto nella Grande Guerra e Martire di Capodistria, si era distinto nell’ultimo scorcio del periodo bellico impegnandosi nella difesa del territorio e della cittadinanza contro le incursioni slave, e più tardi, quando ebbe posizioni di crescente rilievo nel mondo dell’associazionismo esule, fino ad assumere l’incarico di Presidente dell’ANVGD.
In seguito alle continue richieste formulate al “Comitato Alloggi” di Novara dallo stesso Artusi e dalla mia mamma, riuscimmo ad evitare la drammatica, umiliante esperienza dei “Campi profughi” collocati in oltre 110 località del territorio nazionale. Per grazia divina e per la nostra perseveranza, il Comitato ci avrebbe offerto la coabitazione con una famiglia di quattro persone come la nostra, composta anche da mia sorella Luciana.
L’abitazione in cui prendemmo dimora in otto si trovava in Via Fratelli Rosselli di fronte al Teatro Coccia, sotto il porticato, dove immancabilmente il caro Bruno passava sotto le nostre finestre, chiamandoci per sapere se stavamo bene in quel piccolo appartamento e se avevamo qualche necessità. In effetti, la coabitazione con l’altra Famiglia avrebbe fruito di un grande rispetto reciproco, tanto da indurre una duratura amicizia che sarebbe proseguita anche a lungo termine: senza dubbio, il Signore ci diede una nuova mano d’aiuto, di cui siamo naturalmente e perennemente grati.
Bruno Artusi e mio papà erano molto sinceri, e avevano trovato nell’onestà un sicuro comune denominatore, eletto a stile di vita. Queste doti morali trasparivano in modo palese anche dal loro sguardo: personalmente, sono molto grata e onorata di aver avuto un padre e una madre che avevano fatto della riservatezza un comportamento di prammatica prioritaria, al pari dei loro amici, ma che nello stesso tempo furono sempre aperti alle necessità altrui. Per me e per mia sorella, quello fu un periodo di vita che ricordiamo sempre molto volentieri, grazie alle persone che ci stavano accanto e che ci volevano bene, pur senza poter comprendere pienamente la tristezza muta che i miei genitori e Artusi avevano nel cuore per aver perso tutto come tanti altri Esuli, ma con grande dignità e volontà di costruire un futuro accettabile, da riconquistare con il lavoro, con l’affetto per la Famiglia, con il culto delle vere amicizie, e naturalmente con quello della Patria.
Ricordo ancora la soddisfazione, o meglio la gioia del mio caro Papà, quando la dirigenza del Gruppo gli chiedeva se conosceva qualche Esule senza lavoro, che avrebbe assunto volentieri “ad occhi chiusi” avendo potuto conoscere le doti professionali, e prima ancora quelle morali e civili dei profughi giuliani, istriani e dalmati; del pari, ricordo ancora i nomi degli Esuli segnalati e subito assunti, nella tranquilla sicurezza di poter contare sulle loro qualità di lavoratori attenti, collaborativi, onesti ed esemplari.
Bruno Artusi è stato un vero patriota dalle straordinarie doti di coraggio e di amore patrio, come avrebbe dimostrato anche nell’ultimo periodo antecedente la fine della seconda guerra mondiale e la decisione obbligata di lasciare Pola, quando si era impegnato, assieme al Comandante Libero Sauro, nella lotta davvero impari per l’ultima difesa della propria terra.
La nobiltà dei sentimenti di Artusi all’insegna di una fede scevra da ogni simpatia per ideologie aberranti ha trovato un giusto riconoscimento nella concessione delle onorificenze riconosciutegli dai Presidenti della Repubblica Italiana Antonio Segni e Sandro Pertini, che lo insignirono – rispettivamente – degli emblemi di Cavaliere Ufficiale (1964) e di Commendatore (1978). In entrambi i casi, si sarebbe trattato di Magistrature supreme dello Stato espresse da maggioranze assai ampie, ma proprio per questo testimoni di un’attenzione per i valori autentici: nel caso specifico, quelli di una persona come Artusi che aveva sempre operato, in ossequio alla sua Pola ingiustamente perduta, nel nome della Patria e dei suoi Valori inalienabili.
Bruno fu sempre fedele alle proprie origini, a cominciare da quella per il Corpo dei Bersaglieri in cui aveva prestato servizio militare; impegnandosi nell’insegnamento quarantennale iniziato a Pola e concluso a Novara nel 1976; promuovendo sin dal 1959 la prima unione associativa del mondo esule nella sua provincia e poi la costituzione del Comune in Esilio; attivandosi per un trentennio quale Presidente del Comitato novarese dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Oggi, a 110 anni dalla nascita, è cosa buona e giusta ricordare a futura memoria le elette doti di questo patriota “senza macchia e senza sconfitta”.
Laura Brussi Montani
Esule da Pola, Consigliere dell’Opera Nazionale per i Caduti senza Croce / Volontariato per non dimenticare
Cenni bibliografici e del web
– Fede sessantennale. Onore al primo Sindaco di Pola in esilio, Bruno Artusi, di Carlo Cesare Montani, on line dal giorno 8 ottobre 2019 su eliovarutti.wordpress.com
Autore principale: Laura Brussi. Ricerche e Networking di Sebastiano Pio Zucchiatti, Girolamo Jacobson e del professor Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Lettori: Sergio Satti (ANVGD Udine), Claudio Ausilio, i professori Annalisa Vucusa e Enrico Modotti. Aderiscono il Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e l’ANVGD di Arezzo. Copertina: Bruno Artusi. Collez. Laura Brussi. Altre fotografie da collezioni citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/
Fonte: ANVGD Udine – 18/07/2024