Dal Quarnero al campo di concentramento e ritorno. Una storia terribile, come tante vissute nel corso della seconda guerra mondiale.
Storie di freddo, fame e morte che hanno coinvolto anche tanti sportivi. Emblematico il caso dell’allenatore di calcio ungherese Arpad Weisz, morto ad Auschwitz dopo aver vinto due scudetti con il Bologna e uno con l’Inter. Una storia simile, dal finale più fortunato, ha a che fare con Bruno Quaresima, attaccante vicentino negli anni ’40 in forza alla Fiumana. Nato nel capoluogo veneto nel 1920, secondogenito di sei figli, inizia fin da piccolo a giocare a calcio.
Soprannominato il “missile” per la sua rapidità, è dotato di un fisico compatto ed esplosivo, un attaccante di grande movimento che gioca sulla profondità. A sedici anni entra a far parte della formazione giovanile del Lanerossi, dove esordisce in prima squadra (in serie C) nella stagione 1938/39. L’anno successivo viene ceduto in prestito alla Fiumana: qui Bruno sarà il protagonista della promozione in serie B, realizzando 28 reti. A Fiume, oltre al gusto per il gol scopre quello ancora più dolce dell’amore per Carlotta Gentile, la donna con la quale ha condiviso la sua esistenza, sposata nel 1942.
L’anno prima, però, Quaresima torna dal prestito nella natia Vicenza, dove segna 20 reti e contribuisce alla promozione in serie A della squadra.
Dopo l’8 settembre, insieme alla moglie e alla figlia Maria, decide di tornare a Fiume, la città di Carlotta. Qui trova lavoro e continua a giocare a calcio con la maglia della Fiumana, partecipando a tornei estivi come la Coppa Deutscher Berater. Una sfida che di amichevole ha solo il nome, trattandosi di una partita contro una selezione di soldati nazisti. Quaresima e la sua Fiumana vincono l’incontro, dove lui – ancora una volta – è fra i protagonisti.
La sua smisurata passione per il calcio però finisce con il tradirlo. I festeggiamenti per la vittoria indispettiscono i tedeschi che per rappresaglia effettuano un rastrellamento: Bruno, insieme a due suoi compagni di squadra, viene deportato a Mühldorf am Inn. Nel sottocampo di Dachau è sottoposto ai lavori forzati, ma dopo sei mesi, quando i tedeschi abbandonano il campo, Bruno riesce a fuggire e con mezzi di fortuna ritorna a Fiume. Dopo la guerra riprende a giocare a calcio, firma con il Vicenza per poi passare all’Inter, voluto fortemente da Giuseppe Meazza, ingaggiato per la stratosferica cifra (per l’epoca) di 22 milioni di lire. La sua carriera sportiva continua poi nel capoluogo berico, prosegue nella Spal, fino al Belluno in serie D, dove inizia anche ad allenare.
Se n’è andato nel 1999 all’età di 79 anni, al termine di una vita lunga e piena di soddisfazioni.
Altrettanto non possono dire tanti altri sportivi della sua generazione. Tra i sei milioni di vittime dei campi di concentramento, infatti, ben 60mila furono gli atleti a non fare più ritorno nelle proprie case. Un vero e proprio martirologio sportivo che meriterebbe, ogni 27 gennaio, nel giorno della Memoria, una menzione a parte.
Lorenzo Degrassi
Fonte: CitySport – 24/01/2022