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Carpaccio, l’autunno del maestro in Istria (Il Piccolo 20mar15)

 

Lo storico dell’arte Luigi Coletti parlava della pittura di Carpaccio svelando il fascino dei suoi personaggi che «intrecciano le loro storie in un dolce e quieto incantesimo: tardi, svagati, trasognati, come eternamente cullati dal lentissimo dondolio di un sensuoso assaporamento della realtà». Per Giuseppe Fiocco «il Carpaccio fu uomo senza retorica, stupendamente empirico». Per Roberto Longhi il suo San Giorgio era «un quadro supremo». A questo straordinario narratore della pittura veneziana del ‘400 e all’opera di suo figlio Benedetto che elesse la città di Capodistria quale sua nuova patria, Palazzo Sarcinelli di Conegliano dedica un’esposizione che si inaugurerà domani, alle 18, con il titolo «Carpaccio. Vittore e Benedetto da Venezia all’Istria. L’autunno magico di un maestro». […] Sono gli anni, quelli dal 1515 al 1525 circa, in cui alla Serenissima si stavano sempre più affermando pittori quali Giorgione, Tiziano, Sebastiano del Piombo, Lorenzo Lotto e lo stile di Carpaccio doveva apparire superato. Sicuramente anche per questo in particolare gli ultimi anni della sua vita (non si hanno più sue notizie dopo il 1526, probabile anno della morte) vedono l’artista veneziano impegnato in committenze istriane, in opere realizzate per città periferiche forse più aperte e desiderose di un linguaggio più immediato, puro, intimamente lirico come quello dell’arte di Carpaccio.

 

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