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Caso Perković: Bruxelles penalizzerà la Croazia (Voce del Popolo 17set13)

La Commissione europea ha rotto gli indugi nella vicenda della cosiddetta Lex Perković. Ha deciso infatti di avviare il procedimento contro la Croazia, previsto dall’articolo 39 dell’Accordo d’adesione all’Unione europea. La procedura verrà attivata formalmente nei prossimi giorni nel caso in cui la Croazia non dovesse intraprendere misure tali da giustificare il riesame di tale decisione. A spingere l’Esecutivo comunitario ad avviare il procedimento per le sanzioni – come ha spiegato Mina Andreeva, portavoce della vicepresidente della Commissione, Viviane Reding – è stato il fatto che la Croazia ha violato il mandato di cattura europeo con l’approvazione della Lex Perković.

Con tale legge l’applicazione del mandato è stata limitata ai reati commessi dopo l’agosto del 2002. Entro breve termine la Commissione avviserà del fatto tutti gli Stati membri, inviando loro un documento di carattere consultivo. L’articolo 39 prevede le consultazioni con gli Stati membri, i quali però non sono obbligati a dare l’approvazione per le misure di tutela. Gli Stati membri, infatti, hanno dieci giorni per esprimere la propria opinione. Esaurito il termine per le consultazioni, verranno decise le sanzioni. Stando a fonti ufficiose probabilmente verranno congelati i fondi per i preparativi per l’entrata nello spazio Schengen. L’alternativa sarebbe un monitoring post-adesione, cui la Commissione europea si opponeva prima che la Croazia entrasse nell’UE.

“La vicepresidente Viviane Reding, il presidente José Manuel Barroso e il fiduciario per l’allargamento Štefan Füle hanno informato della situazione il Collegio dei commissari, ricevendo pieno appoggio per il passo successivo. Perciò, se in Croazia non si verificherà uno sviluppo della situazione tale da dover riprendere in esame la situazione, tra poco si metterà in moto il procedimento previsto dall’articolo 39 dell’Accordo d’adesione all’UE”, ha spiegato Mina Andreeva, che ha aggiunto che lo scorso mese la Commissione è stata molto chiara nel chiedere “cambiamenti veloci senza condizioni della legge croata, al fine da adeguarla al mandato di cattura europeo. In assenza di tali modifiche, la Commissione europea adirà le misure previste dall’articolo 39 dell’Accordo d’adesione”.

L’articolo 39 permette alla Commissione di agire entro tre anni dall’adesione. Su richiesta di uno Stato, oppure di propria iniziativa, può prendere misure adeguate e determinare le condizioni e le modalità di loro applicazione, nel caso ci siano serie mancanze nel trasferimento o nella messa in atto dell’acquis communitaire.

La portavoce di Viviane Reding ha anche spiegato che la situazione relativa ai rapporti con Zagabria non è paragonabile a quella precedente attinente alla Slovenia e alla Repubblica ceca. “La Commissione europea chiede a tutti i Paesi di applicare correttamente il mandato. La situazione croata è diversa rispetto a quella slovena e ceca, in quanto dopo aver adeguato la sua legge agli standard comunitari nel 2010, Zagabria l’ha modificata tre giorni prima dell’entrata a pieno titolo in Europa”, ha spiegato la portavoce, rilevando che la posta in palio è quella della fiducia reciproca sul rispetto dei patti.

Giovedì scorso il ministero della Giustizia croato aveva comunicato che le modifiche alla cosiddetta “Lex Perković” potrebbero trovarsi sul tavolo del governo già questa settimana, ma entrerebbero in vigore solamente nel luglio del 2014. A Bruxelles però non sono soddisfatti, perché Viviane Reding aveva richiesto che il mandato di cattura fosse adeguato al più presto alle norme europee. “‘Presto’ non è una data ben definita, però credo che in tutte le lingue significhi ‘prima possibile’”, ha spiegato Olivier Bailly, portavoce della Commissione europea. Il problema è nato poco prima dell’adesione all’UE, quando il governo ha varato la legge con cui di fatto si sancisce la prescrizione per i reati commessi prima del 2002. Il premier Zoran Milanović ha cercato di spiegare che con tale norma si vuole proteggere i difensori, però la legge è stata colloquialmente denominata “Lex Perković”, perché con essa si rende impossibile l’estradizione di Josip Perković, ricercato dalla Germania per l’omicidio del dissidente croato Stjepan Ðureković avvenuto nel 1983.

La vicepresidente della Commissione europea, Viviane Reding, ha subito avvisato il governo croato che una legge con tali contenuti è inaccettabile, provocando una dura reazione del premier Milanović, che di seguito ha dovuto, però, fare marcia indietro asserendo che la “Lex Perković” sarebbe stata cambiata e adeguata a quelle europee. Ma la Commissione trova inaccettabile il procrastinare della questione. “In base all’Accordo d’adesione, la Commissione europea ha il dovere di controllare se lo Stato appena entrato adempie a tutte le regole che ha accettato. Tutta la Commissione provvederà a controllare e il suo presidente ha detto ben chiaro che, se necessario, useremo tutti i poteri a nostra disposizione”, ha sottolineato Reding.

(fonte “la Voce del Popolo” 17 settembre 2013)

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