di CORRADO BARBACINI
«Di me non si parla male. Altrimenti si paga la multa».
I giornali sloveni gettano fango sull’imprenditore triestino Pierpaolo Cerani, che ai primi di agosto ha annunciato il suo ingresso nel mondo imprenditoriale di Lubiana attraverso la finanziaria Kolonel. E Cerani blocca di fatto tutte le notizie cattive o come dice lui «non verificate». Attraverso uno studio legale di Lubiana l’amministratore della Diaco farmaceutici si è appellato al giudice per le trasgressioni del tribunale della capitale slovena. Che, applicando la legge in vigore nella vicina Repubblica, con un decreto urgente ha intimato al direttore del Dnevnik di cancellare ogni cattiva notizia su di lui. Insomma, o si parla bene o si sta zitti.
Il provvedimento urgente del giudice Katarina Novisak Kaplan è stato trasmesso all’importante quotidiano di Lubiana proprio perché, in particolare su quelle colonne, recentemente sono usciti articoli ritenuti non proprio benevoli nei confronti di Cerani e della sua scalata azionaria della Kolonel attraverso la holding Iniziative Generali.
Negli articoli erano stati evidenziati dubbi sulla trasparenza dell’operazione finanziaria attuata attraverso la holding che controlla alcuni dei marchi più importanti della Slovenia, come Radenska, Mercator, Lasko, Union e Fructal e persino due dei maggiori quotidiani di quel Paese, il Delo e il Vecer.
Sui giornali si era parlato della sua amicizia con Vittorio Emanuele di Savoia e dell’inchiesta giudiziaria del pm di Potenza Henry John Woodcock in cui Cerani era rimasto marginalmente impigliato. Articoli che poi erano stati ripresi anche in Italia.
Insomma, la stampa slovena è stata giudicata cattiva, aveva provocato una cascata di fango che, secondo l’imprenditore triestino, era assolutamente da arginare. In che modo? Chi continuerà a tirare in ballo i trascorsi di Cerani, dovrà pagare una multa da 50mila euro. Da addebitare, secondo il giudice, non al giornale ma direttamente al direttore responsabile.
Cerani, che ieri era in Germania per affari, si è limitato a dire che «almeno in Slovenia esiste una legge». Poi il suo ufficio stampa ha inviato una dichiarazione nella quale precisa con soddisfazione che «nella vicina Repubblica la legge pare essere in grado di tutelare la dignità delle persone meglio di quanto avviene in altri Paesi. Lo studio legale sloveno al quale mi sono affidato ha semplicemente chiesto che non vengano pubblicate sulla stampa o veicolate attraverso radio o televisioni notizie false e del tutto infondate affinchè l’immagine delle aziende da me rappresentate e delle persone che vi lavorano non venga danneggiata come è avvenuto nel corso dell’ultimo mese».
«Si tratta solo di una forma di censura legalizzata», hanno tuonato scandalizzati i rappresentanti delle associazioni slovene dei giornalisti. «Stanno legalizzando una forma di censura che non è tollerabile nell’ Unione europea», scrive in una nota l’Associazione dei giornalisti senza confini. Intanto il Dnevnik ha ovviamente annunciato ricorso al provvedimento. Ma c’è da dire che in caso di recidiva nella pubblicazione di articoli ritenuti sconvenienti la multa da pagare aumenta in modo esponenziale.
Nei giorni scorsi Cerani aveva dichiarato: «Non c’è nessuna avventura dietro all’aquisto delle azioni della Kolonel e nemmeno nessuna speculazione: si tratta semplicemente di un’operazione industriale da parte di in imprenditore italiano che vuole investire in Slovenia». E ieri intanto alla Borsa di Lubiana sono state acquistate 613 mila azioni della birra Lasko che fa riferimento alla holding Kolonel (al centro degli interessi di Cerani) al prezzo totale di quasi 19 milioni di euro. Chi ha rastrellato i titoli delle birrette?