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Cogliere i frutti dell’alleanza italo-sloveno-croata (L’Arena di Pola set13)

Il quadro politico-culturale è in rapido sviluppo sia nello scacchiere geografico di nostro interesse sia sul “fronte interno”. Si scorgono delle linee di tendenza importanti e durature, malgrado alcune antipatiche controtendenze. “L’Arena di Pola” serve proprio a monitorare questa realtà pubblicando sia le buone sia le cattive notizie per fornire gli elementi utili ad orientarsi, in modo da poter agire con cognizione di causa. Ci sono poi ricorrenze storiche per noi decisive: il 70° anniversario dall’8 settembre e di quanto ne conseguì dalle nostre parti. Ecco perché usciamo anche questo mese con 16 pagine fitte fitte. Sì, lo sappiamo: risultano sempre insufficienti tanto a darVi tutte le informazioni che vorremmo quanto ad approfondire quelle che riportiamo in forma sintetica per imprescindibili ragioni di spazio. Ma sono sempre 4 pagine in più, che comportano uno sforzo intellettuale e finanziario non da poco. Poter offrire ancora un giornale così ricco dipenderà soprattutto dal Vostro sostegno, ora che le casse pubbliche sono vuote e i contributi si fanno desiderare.
Ma cosa vede il nostro osservatorio?

In un’Unione Europea che si divide sempre più, tre Paesi prima non troppo amici avviano un’unione regionale. Si dirà che è l’unione di tre debolezze, ed è vero, tanto più in questa fase di ristrettezze economiche. Ma la divisione è senz’altro più nociva. Possiamo dire: mal comune mezzo gaudio.
L’incipiente asse italo-sloveno-croato, alimentando un clima più disteso e costruttivo, non può che giovare indirettamente alla nostra causa: la salvaguardia dell’italianità residua nell’Adriatico orientale e la preservazione dell’identità giuliano-dalmata nella diaspora. Il percorso tracciato dall’LCPE si inserisce perfettamente in tale nuovo indirizzo di marcia. Sta a noi piegare a nostro favore le opportunità offerte, evitando di venire nuovamente sacrificati sull’altare delle buone relazioni internazionali. Peraltro i frutti benefici del riavvicinamento si notano da tempo. Vediamo gli ultimi.

Le recenti cerimonie per l’annessione dell’Istria e del “Litorale” rispettivamente a Croazia e Slovenia sono apparse ancor meno anti-italiane dello scorso anno, benché stavolta ricorresse il 70° anniversario (pp. 3 e 8). Lo “spirito adriatico” toglie forza agli anti-italiani agevolando una pacificazione che attende ancora di essere compiuta fino in fondo.

A differenza dell’Italia, il 23 agosto Croazia e Slovenia hanno celebrato entrambe la Giornata europea del ricordo delle vittime dei regimi totalitari e autoritari (p. 4). Una cerimonia ufficiale ha avuto luogo presso una foiba vicino a Zagabria dove i titoisti nel 1943 gettarono 250 ustascia e nel 1945 anche diversi domobrani e civili anticomunisti. A Zagabria ci si continua a battere per togliere il nome di Tito da una piazza e perfino nella “rossa” Fiume c’è chi osa presentare una petizione in tal senso. Inoltre l’arcivescovo di Spalato e Macarsca ha chiesto che venga stilata una lista di tutte le vittime dei regimi totalitari e dei collaboratori dell’UDBA. In Slovenia poi il capo del centro-destra ha addirittura preso la parola a una cerimonia per il 70° anniversario della costituzione dei domobranci accusando i comunisti di aver prima trescato con nazisti e fascisti e poi commesso stragi per conquistare il potere.

A Zara ha aperto i battenti il primo asilo italiano dopo 60 anni di cancellazione o emarginazione dell’italianità (p. 12). Certo, è solo privato a causa del mancato sostegno delle autorità municipali, ma è pur sempre un notevole passo avanti.

Nell’ultimo mese e mezzo ben quattro associazioni di esuli istriani hanno effettuato i rispettivi raduni o compiuto viaggi di ritorno nelle località d’origine incontrando i propri compaesani/connazionali ancora residenti: quella di Collalto, Briz e Vergnacco, quella di Montona, quella di Buie e, dulcis in fundo, quella di Rovigno (p. 16). Un’ottima notizia.

Persiste il lodevole attivismo di tante Comunità degli Italiani (p. 10) e del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, capaci di produrre italianità e rinfocolare l’autoctonia (pp. 11 e 13).

Alcune vittime istro-italiane della violenza bellica e post-bellica vengono commemorate sia a Trieste che in Istria anche tramite edificanti viaggi della memoria (p. 15).
La collaborazione transfrontaliera sia fra italiani sia fra genti di confine produce belle iniziative congiunte (pp. 10 e 13).
Sul “fronte interno”, a Roma il sindaco Marino ha, sia pure con ritardo, rettificato le deplorevoli dichiarazioni del suo vice Nieri sulle foibe (p. 2). In Canada poi gli esuli giuliano-dalmati “resistono” ancora malgrado l’inesorabilità del tempo (p. 12).
A Sesto San Giovanni ricominciano le lezioni sulla storia e la cultura dell’Adriatico orientale realizzate a livello volontaristico per i frequentanti l’Università della Terza Età (p. 12).
Nella Sicilia più profonda si sono ricordati «i morti a causa della Seconda guerra mondiale», infoibati compresi (p. 8).

Ma veniamo ora alle dolenti note, ai tristi segnali di continuità con un brutto passato da dimenticare.
A Okroglica, presso il confine italiano, il presidente del Parlamento sloveno ha partecipato alla cerimonia per il 70° anniversario del discorso irredentista che Tito pronunciò il 6 settembre 1953 davanti a 300.000 sostenitori (p. 3). Nell’occasione è stato inaugurato un monumento a ricordo dell’adunata. Ciò rappresenta un’oggettiva provocazione anti-italiana incompatibile sia con i principi europei di pacifica convivenza infra-comunitaria e rifiuto dei simboli dei regimi totalitari sia con l’“alleanza adriatica” sancita dal Governo Bratušek solo pochi giorni dopo a Venezia. Come è proibita in Italia ogni apologia del fascismo e di Mussolini, così dovrebbe esserlo del comunismo e di Tito tanto in Slovenia quanto in Croazia.
Preoccupa l’irriguardoso atteggiamento del premier croato Milanovi verso la Commissione Europea su una legge varata di soppiatto due giorni prima dell’ingresso nell’UE per impedire l’estradizione di cittadini croati sui quali pendono mandati di cattura di altri Paesi comunitari per reati commessi prima del 7 agosto 2002. Una vicenda che sembra riassumersi nella difesa di un ex alto dirigente dei servizi segreti jugoslavi accusato dalla magistratura tedesca dell’omicidio di un dissidente croato in Baviera nel 1983. I contegni ben più concilianti del presidente della Repubblica Josipovi e della vice-premier Pusi non sono bastati a smuovere il Governo.

A Fiume è stata allestita con il sostegno della Regione Litoraneo-Montana una mostra sull’annessione dell’Istria alla Croazia che ripropone vecchie tesi titoiste anti-italiane, e dunque anti-europee, ignorando esodo e foibe (p. 7).
I ritardi nell’erogazione dei finanziamenti governativi alle associazioni degli esuli stanno mettendo a rischio non solo le attività delle stesse, ma anche l’effettuazione del Seminario 2014 su scuola e confine orientale (p. 10).
La smaterializzazione del confine orientale italiano e la parziale caduta di quello sloveno-croato stanno rafforzando a Trieste il movimento indipendentista, ma inediti segnali in tal senso giungono anche dall’ex Zona B del TLT (p. 2).
La mancata consegna italiana delle opere d’arte istriane messe in salvo durante la Seconda guerra mondiale sta creando irritazione in un parlamentare sloveno che non gradisce il miglioramento dei rapporti bilaterali (p. 2).
A Capodistria il bilinguismo continua a trovare difficoltà applicative, ma c’è chi reagisce alle violazioni (p. 10).

L’Associazione dei Combattenti e degli Antifascisti dell’Istria croata ha chiesto al presidente della Regione di rimuovere il parco della rimembranza realizzato dalla Famiglia Montonese a Cava Cise nel 2001. Una pretesa che, se accolta, costituirebbe un affronto non solo alle vittime, ma agli esuli e all’intero popolo italiano. Lo stesso sodalizio ha lamentato «errori procedurali» durante le cerimonie polesi per le vittime di Vergarolla (p. 3), nel mentre la stampa triestina ha dato spazio a interventi polemici su quella strage cui non abbiamo mancato di rispondere (pp. 3 e 6).
Ma a rattristarci di più è stato leggere sul sito de “Il Giornale” un articolo, accompagnato da un video, sulle cerimonie del 18 agosto a Pola, che da un lato rovescia la realtà, elevando i prevaricatori a vittime e riducendo le vittime a prevaricatori, e dall’altro ribalta la notizia, anteponendo una sparuta contestazione finale alle ben più corpose e affollate cerimonie ufficiali. I pochi attivisti del Movimento Nazionale Istria Fiume Dalmazia hanno compiuto due illeciti punibili in qualsiasi paese del mondo: manifestazione non autorizzata e disturbo di manifestazione autorizzata. Si sono opportunisticamente attaccati a un evento in corso per avere pubblico gratuito e fare notizia. Era ovvio che avrebbero suscitato la reazione di qualcuno: estremisti chiamano estremisti. Nella logica della strategia della tensione poteva andare anche peggio… Invano abbiamo pregato cortesemente i dimostranti di desistere poiché stavano danneggiando sia noi sia la causa italiana. Poco dopo tuttavia lorsignori si sono lasciati sfilare lo striscione da un poliziotto in borghese, che ha agito con tatto. Egli stava tutelando sia la legalità sia i nostri diritti violati. Che lo slogan dello striscione fosse condivisibile non ha alcuna rilevanza: non era autorizzato e interferiva con la regolare conclusione delle uniche cerimonie autorizzate.

Questa ennesima piazzata di pochi irresponsabili rovina il nostro lavoro, rendendo più difficile completare in tempi rapidi il monumento alle vittime della strage (p. 5). Costoro, inconsapevolmente, fanno il gioco sia degli jugo-tito-comunisti sia degli altri anti-italiani. Ma noi non demorderemo, bensì continueremo ad agire nella legalità per ottenere risultati.

Paolo Radivo

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