La città di Capodistria ha dato i natali a numerosi uomini che durante il primo conflitto mondiale hanno disertato le fila dell’esercito austroungarico per ingrossare quelle italiane. Il motivo era semplice: la componente italiana che viveva sulle sponde orientali dell’Adriatico nutriva un senso di appartenenza linguistica, sociale, storica ed economica con l’Italia più che con l’Impero; così, con l’entrata in guerra dell’Italia a seguito del patto di Londra, alcuni ragazzi spinti dagli slogan irredentisti pervenuti in segreto tra i banchi di scuola varcavano la frontiera per arruolarsi nel regio esercito italiano: tra di loro vi era anche Pio Riego Gambini.
Il giovane mazziniano del Liceo Classico “Combi” credeva che il conflitto appena scoppiato rappresentasse la prosecuzione delle guerre di indipendenza che avevano portato alla formazione dello Stato Italiano. Con la sua partecipazione di fatti avrebbe contribuito all’annessione dei territori del litorale adriatico all’Italia, concludendo così un processo di costruzione territoriale in atto da poco più di cinquanta anni.
Tuttavia Gambini non vide mai questo processo concludersi, in quanto la sua vita fu spezzata sul monte Calvario (Podgora) quando a soli 22 anni, cadde colpito dal fuoco nemico, il 19 luglio del 1915.
L’impresa gli valse la medaglia d’argento al valor militare, anche se il suo corpo non fu mai recuperato. Il suo nome, come quello dei 49 irredentisti del battaglione “volontari giuliani” che parteciparono all’assalto delle trincee nemiche, rimase all’epoca nascosto per evitare rappresaglie alle famiglie da parte dell’Austria.
Anche quest’anno la Fameja Capodistriana ha voluto rendere omaggio al fante del secondo reggimento di fanteria “brigata Re” con una deposizione floreale presso il busto che lo ricorda nell’aula magna del Liceo Classico Dante Alighieri a Trieste. Il Pres. della Fameja Capodistriana avv. Piero Sardos Albertini ha preceduto la deposizione con una cronistoria della vita di Pio Riego Gambini, auspicando anche che il busto originale a Capodistria sia ritrovato, conservato e custodito con il giusto riconoscimento dalle autorità slovene.