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Concerto Muti: non era una bella musica (Il Piccolo 30 lug)

LETTERE

Muti è venuto a Trieste a fare il suo concerto, dopo il quale è evidente che con i personaggi che vivono in questa città la normalità non potrà arrivare che verso il 2250, non prima. Ma la cosa più interessante delle tante discussioni che si fanno su questo concerto, è che tutte riguardano temi politici, la grande assente è proprio la musica. Parliamone, dunque.

Il programma non era certo eccelso. Per quanto riguarda il brano sloveno, da ormai mezzo secolo gli sloveni sono famosi per far udire all’estero i loro mediocri compositori. Quelli buoni sono volutamente messi da parte. Qui il compositore giusto sarebbe stato Viktor Parma, il fondatore dell’opera lirica slovena, per di più nato a Trieste, e le cui opere venivano eseguite al Narodni Dom prima della Prima guerra. Sarebbe stato un collegamento molto simbolico. Per quanto riguarda il brano croato andiamo meglio, Gotovac è stato un ottimo compositore, ma di lui esistono musiche molto più belle e interessanti. Certamente Muti non ha colpe: non conosce i repertori sloveno e croato e sicuramente sarà stato mal consigliato.

Per quanto riguarda Cherubini, è ben noto che questo compositore è passato alla storia come un musicista pedante, accademico e noioso, che osteggiò in tutti i modi per la sua pignoleria delle regole il nascente romanticismo, un compositore da «ancien regime», non per niente il suo Requiem venne composto in memoria di Luigi XVI (ed è passato alla storia unicamente per l’unico tocco «moderno» della carriera di Cherubini, quel colpo di gong all’inizio del Dies Irae). Quando si fanno concerti per migliaia di persone, e questo Muti dovrebbe saperlo, bisogna puntare su brani celebri e famosi, non su brani per studiati. Si voleva un Requiem? Scartato quello di Verdi voluto da Zanfagnin, inadatto a serate come questa perché a Trieste Verdi è simbolo di nazionalismo estremista, il Requiem adatto era quello di Mozart. Oppure la Nona sinfonia di Beethoven con il suo messaggio di fratellanza universale nel coro finale.

Una serata, insomma, per dirla alla buona, con una cornice da serie A, un’esecuzione da serie A, e un programma di serie D. Io sono rimasto a casa. Ma non per motivi ideologici, per motivi musicali, prevedendo abbastanza noia. Come parecchi che al concerto ci sono andati mi hanno confermato. Quando si fanno serate come questa, con tre presidenti della Repubblica, di cui uno, quello croato, è musicista diplomato in composizione, si può pretendere programmi migliori.

Paolo Petronio

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