LETTERE
Quando si è invitati a casa d’altri è buona norma portare un presente ai padroni di casa non certo interferire sulla composizione del menù o sulla collocazione degli arredi. A casa nostra invece all’ospite è concesso porre all’anfitrione condizioni anche pesanti e non condivise neppure dagli altri invitati.
È quanto successo a Trieste in occasione di una manifestazione musicale che voleva avere il significato di incontro amichevole tra i rappresentanti di popoli un tempo in apro contrasto tra di loro, con conseguenze funeste per molti individui.
Un buon padrone di casa avrebbe dovuto, seppur con toni moderati, far notare maleducazione insita nella richiesta dell’ospite, e, in caso di insistenza, revocare l’invito. Invece nella nostra Nazione è sempre avvenuto che la maleducazione altrui sia stata tollerata con acquiescenza, pur di non prendere posizione contro l’arroganza e lo sciovinismo dei vicini di casa.
Qualcuno, troppi in verità, hanno espresso il loro plauso al dettare condizioni inaccettabili da parte di chi avrebbe invece dovuto essere riconoscente della considerazione avuta nell’essere stato invitato a un simile avvenimento, e non insistere nelle richieste che avevano suscitato il giusto risentimento in parte della popolazione, che aveva avvertito da subito il carattere provocatorio (altro che pacificazione!) della visita a un falso simbolo di odio razziale, rinfocolando in tal modo sentimenti ormai sopiti.
Stelio Fiore