LETTERE
Sono convinto che il concerto di Muti in piazza Unità d’Italia sia stato, per Trieste, un evento di portata storica. Non meno importante della visita del presidente Einaudi il 4 novembre 1954, quando fu accolto dai triestini in quella stessa piazza, gremita fino all’inverosimile, di popolo, di gioia, di commozione.
Sono gli stessi sentimenti, sono convinto, di coloro che hanno avuto la fortuna di assistere a questo straordinario evento, il cui significato va ben oltre la grandissima musica di Cherubini e l’eccezionale bravura di Muti nel dirigere un’orchestra e un coro di quasi quattrocento giovani talenti. Sebbene, credo vada sottolineato, che la scelta del Requiem, e non di altra musica, denota, da parte del Maestro, la consapevolezza di un ruolo e l’accettazione di un compito verso quella piazza, che trascendono la prestazione artistica e appartengono direttamente alla storia.
Che di ciò si trattasse, è apparso a tutti chiaro quando, di fronte al Molo Audace, in quel luogo sacro del patriottismo triestino, sono stati intonati gli inni nazionali della Slovenia e della Croazia. Seguiti entrambi da convinti e generali applausi.
Ha ragione, perciò Rumiz, nel dichiarare che la notte del 13 luglio scorso Trieste ha voltato definitivamente pagina. Ha però torto nel dimostrare una contestuale incoerenza con la sua stessa affermazione. La quale avrebbe richiesto maggiore sobrietà di stile, con la rinuncia alle asprezze del gergo politico e delle sue stucchevoli polemiche.
Piero Toresella