Iniziano venerdì 17 novembre alle ore 17:00 gli incontri in presenza presso la rinnovata sede del Comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia in via Duccio da Boninsegna 23: verranno affrontati alcuni argomenti che sono stati oggetto di precedenti conferenze suscitando interesse.
Il primo argomento è l’occupazione della Carnia da parte dei Cosacchi dall’estate del 1944 alla fine della Seconda guerra mondiale: «Si tratta di un fatto storico quasi sconosciuto, ma che ebbe un finale molto tragico – spiega il Presidente dell’ANVGD Milano Claudio Giraldi – Dopo aver visto un interessante filmato, parleremo di questo evento storico»
Nell’ambito della Zona di Operazioni Litorale Adriatico, costituita dopo l’8 settembre 1943 sulle province di Fiume, Lubiana, Pola, Trieste, Gorizia e Udine, il regime nazista affidò infatti il presidio della Carnia, ove si era costituita una Repubblica partigiana, e dell’Alto Friuli a migliaia di collaborazionisti cosacchi che, dopo aver combattuto a fianco delle truppe dell’Asse contro l’Unione Sovietica, abbandonarono le proprie terre d’origine (Caucaso e bacino del Don) in seguito alla ritirata dell’inverno 1942-’43.
Temendo le ritorsioni della dittatura staliniana, i reparti cosacchi vennero dislocati in un altro fronte portandosi le famiglie al seguito: si trattava degli epigoni di quei cosacchi che nella guerra civile russa, scatenatasi dopo il crollo dell’Impero zarista e l’ascesa dello Stato dei Soviet, avevano combattuto nelle “Armate bianche” in funzione anticomunista. Nei piani nazisti quindi non solo c’erano velleità annessionistiche nei confronti del porto di Trieste, ma anche disegni di riorganizzazione etnica, trapiantando sul territorio combattenti che ancora si destreggiavano nella cavalleria, si erano portati dietro anche cammelli delle steppe e soprattutto usi e costumi mai visti prima dalle comunità autoctone. I nuovi arrivati erano in gran parte ortodossi, ma vi erano anche islamici: entrambi combatterono aspramente contro le formazioni partigiane della zona. La travagliata storia del Kosakenland si intreccia così con la complessa vicenda del confine orientale italiano.
Ritiratisi in Austria al momento del collasso delle truppe tedesche in Alta Italia, furono fatti prigionieri dai britannici che, coerentemente ad accordi presi tra Roosevelt, Churchill e Stalin, li consegnarono alle truppe sovietiche: la deportazione in Siberia ed il processo ai capi militari rappresentavano una sorte alla quale non si rassegnarono le centinaia di cosacchi che preferirono suicidarsi in massa gettandosi nelle acque della Drava.
Lo storico carnico Arrigo Carnier ha lavorato con passione per ricostruire questa storia in maniera documentata ed approfondita (L’armata cosacca in Italia (1944-1945) e Lo sterminio mancato. La dominazione nazista nel Veneto orientale (1943-1945)), non disdegnando alcuni riferimenti alle problematiche interne alla Resistenza friulana, divisa tra “bianchi” e comunisti favorevoli all’annessione del Friuli orientale e della Venezia Giulia alla nascente Jugoslavia titoista. Un altro autore di queste terre ha invece romanzato in maniera efficace la tragedia cosacca: si tratta di Carlo Sgorlon che con “L’armata dei fiumi perduti” conseguì peraltro il Premio Strega nel 1985.
Lorenzo Salimbeni