Ho letto con interesse l’accenno sul “Piccolo” del 22 ottobre scorso ai problemi del Trattato di Osimo e della ex Zona B. Come sembra di comprendere, si pone l’interrogativo intorno alla legittimità costituzionale del distacco di quella parte del territorio nazionale senza l’osservanza nel Trattato delle leggi che regolano i negozi dispositivi di tali variazioni (art. 80 c.c.). Risultandone, così, violato il principio unitario territoriale deducibile dall’art. 5 della Costituzione. A questo proposito (salva ogni considerazione sulla ratifica prescritta nel testo del Trattato) credo opportuno ricordare alcuni fondamentali aspetti della storia politico-giuridica della ex Zona B.
Con la decadenza delle clausole del Trattato di pace del ’47 sul Free Territory, dovuta – com’è ben noto – al mancato insediamento degli organi del nuovo governo, si ebbero due distinti e simmetrici effetti giuridici: da un lato, il graduale riacquisto dei pieni poteri sovrani sulla ex Zona A da parte dello Stato italiano; dall’altro la “cession déguisée” della ex Zona B allo Stato jugoslavo secondo il reale intento pratico delle parti, unica vera causa del mutamento giuridico rispetto alle vaghe e talora volutamente confuse circonlocuzioni diplomatiche del Memorandum di Londra del ’54.
Alla base di entrambe queste posizioni operava il principio consuetudinario internazionale della clausola “rebus sic stantibus” (o “imprevision”), che consente il mutamento del rapporto col mutamento delle circostanze. Principio già allora desumibile dall’art. 10 della Costituzione e oggi universalmente riconosciuto con la Convenzione di Vienna del 1962. Il graduale riacquisito dei pieni poteri sovrani sulla ex Zona A da parte dello Stato italiano trovò compimento nell’anno ’63 con l’istituzione della Regione Friuli Venezia Giulia.
Quanto all’ex Zona B, la nostra giurisprudenza (Cass. 8.9.1961, 2026 e Trib. Trieste 20.10.1965) riconobbe il confine terrestre tra i due Paesi limitrofi nella precedente linea di demarcazione fra le due Zone. Sicché, entro questi limiti (salvo aspetti minori o diversi) le disposizioni di Trattato di Osimo del ’75 rivelarono il proprio carattere meramente dichiarativo, non già innovativo, della preesistente variazione territoriale avvenuta per effetto consuetudinario internazionale vent’anni prima. Un atto, dunque, di mero accertamento, soprattutto allo scopo di evitare controversie future, non un negozio innovativo della variazione.
Rimanendo estranee, per conseguenza, dette disposizioni alla disciplina speciale dell’art. 80 c.c. sui negozi di per sé determinanti un nuovo e diverso assetto del territorio; e rimanendo esse, altresì, indenni da contestazioni di legittimità per una supposta, ma inesistente, violazione del principio unitario di cui all’art. 5 della Costituzione. Da ciò, appunto, il dubbio sull’attendibilità della contraria soluzione proposta in merito al significato e valore della definizione del confine terrestre fra il territorio nazionale e l’ex Zona B, i cui effetti giuridici risalgono ad un ventennio anteriore alla stipulazione del Trattato. Valutazione, questa, di stretto diritto, seppure politicamente sofferta.
Domenico Maltese
“Il Piccolo” 27 novembre 2012