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Consolati: tenere conto delle valenze storiche (Voce del Popolo 03ago13)

L’Associazione nazionle Venezia Giulia Dalmazia interviene con una nota firmata dal presidente Antonio Ballarin sulla pianificata chiusura dei Consolati italiani di Capodistria e di Spalato. Un orientamento, si rileva, che si era palesato una prima volta nel 2006, suscitando già allora l’immediata e ferma reazione di questa Associazione e della Comunità Nazionale Italiana.

“Con motivazioni esclusivamente economiche, della cui consistenza desidereremmo avere maggiore conoscenza, la Farnesina giustifica la cessazione delle attività delle due rappresentanze diplomatiche del nostro Paese in quel territorio di antico insediamento storico, per la cui Comunità italiana hanno costituito e costituiscono un riferimento istituzionale di assoluto rilievo, che si carica anche di essenziali valenze storiche. La paventata chiusura rivela un’incredibile mancanza di sensibilità e il cedimento dell’Italia, delle sue amministrazioni, rispetto agli storici valori espressi dalla plurisecolare presenza italiana in Istria e in Dalmazia, e palesa la più spiacevole disattenzione nei confronti della nostra Comunità nazionale, che rappresenta nei territori oggi a sovranità slovena e croata la loro antica italianità”, sottolinea l’ANVGD.

Diritti fondamentali della CNI

“L’avvenuto ingresso della Croazia nell’Unione Europea non garantisce in sé che tutti i diritti fondamentali della Comunità italiana siano da ora in avanti automaticamente assicurati, quando – essendo stati conquistati a prezzo di lunghe ed estenuanti battaglie di principio con le autorità di Zagabria – richiedono ancora oggi di essere perfezionate se non anche difese. Se è vero che il Consolato di Fiume opera a ranghi ridotti, non si comprende come tutte le attività consolari, di cooperazione economica, di relazioni istituzionali, possano convergere unicamente sull’Ambasciata a Zagabria. Il piano di chiusura sta piuttosto a comprovare – ancora una volta – lo storico disinteresse della politica estera italiana per un’area strategica del bacino mediterraneo, intensamente legata alla Penisola da millenarie affinità e relazioni e testa di ponte verso il mondo balcanico. Se il MAE dovesse dare corso alla chiusura delle sedi di Capodistria e di Spalato, la nostra Comunità nazionale si vedrebbe una volta di più abbandonata a se stessa nel disinteresse di una politica estera disonorevole, incompetente e certamente distratta nei confronti di istanze che durano nel tempo, a dispetto di tutti i tentativi di soffocare, prima con la violenza ed ora con la burocrazia, una realtà quanto mai viva e carica di prospettiva”, conclude il presidente nazionale dell’ANVGD, Antonio Ballarin.

Senato, indagine conoscitiva

Intanto la Commissione Affari Esteri del Senato ha accolto la proposta del presidente Pierferdinando Casini (Sc) di richiedere al presidente del Senato “l’autorizzazione a svolgere un’indagine conoscitiva sulla riorganizzazione della rete diplomatico-consolare e sull’adeguatezza e sull’utilizzo delle dotazioni organiche e di bilancio del ministero degli Affari esteri”, in linea quindi con quanto già deliberato dal Comitato per le Questioni degli Italiani all’estero.

Priorità di politica estera

“La riorganizzazione della rete diplomatico-consolare – ha sottolineato Casini – deve avere come obiettivo non solo la riduzione dei costi, pure necessaria, ma anche un utilizzo più efficiente e razionale delle risorse disponibili. Il processo di riorganizzazione deve strutturare la presenza italiana nel modo più coerente possibile ai nuovi scenari internazionali, allo sviluppo del Servizio europeo di azione esterna, alle priorità della politica estera e agli interessi economici del Paese”.

Il senatore del Pd eletto all’estero e presidente del Cgie, Claudio Micheloni, ha ricordato che “già nella precedente legislatura si è svolta un’indagine conoscitiva sullo stesso argomento. Le notizie di prossime chiusure degli uffici consolari hanno provocato una certa preoccupazione tra i nostri connazionali residenti nei Paesi interessati. Auspico – ha concluso – che la riduzione delle spese non si traduca in una semplice soppressione di sedi consolari”.

I consolati «migrano» in Oriente

Intanto sulla vicenda dell’annunciata chiusura, nell’arco di pochi mesi, di 14 sedi consolari si sofferma il Sole 24ore on line. Il giornale rileva che “uomini e risorse recuperati dall’operazione verranno impiegati sulle nuove frontiere dell’export dei Paesi emergenti, lì dove i tassi di crescita si avvicinano alle due cifre. Si prevede quindi l’apertura di un’ambasciata ad Asghabat, capitale del Turkmenistan e due consolati a Chongqing in Cina e ad Ho Chi Minh City in Vietnam”. Attualmente, evidenzia il Sole 24ore on line, “pur contando su un terzo dei diplomatici rispetto alla Francia, un quarto rispetto alla Gran Bretagna, la metà rispetto alla Germania, l’Italia è presente all’estero con 319 sedi tra ambasciate, consolati e istituti di cultura, una delle reti più estese del mondo. Una necessità imposta a chi, come l’Italia, vive sull’estero, dall’approvvigionamento di materie prime e di energia all’esportazione dei prodotti, passando per turismo e investimenti. Ma una rete così ampia, fanno rilevare alla Farnesina, sconta purtroppo due grandi criticità. La scarsità di risorse umane e la distribuzione delle sedi troppo concentrata in Europa e poco proiettata verso i mercati emergenti, gli unici che potranno consentire la ripresa dell’economia italiana. Se sul fronte delle risorse umane poco si può fare nel breve tempo, la seconda debolezza strutturale può essere corretta ‘riorientando’ la politica estera italiana, aprendo nuovi uffici nei Paesi dove gli investimenti risultano più fruttuosi. È il caso della Cina, ma anche del Turkmenistan o del Vietnam. Il nuovo Consolato Generale d’Italia a Chongqing avrà un bacino di utenza di duecento milioni di cinesi (venti volte la popolazione della Grecia, trenta volte quella della Svizzera). La nuova ambasciata ad Ashgabat curerà gli interessi delle aziende italiane sul ricco mercato energetico del Turkmenistan, mentre il Consolato di Ho Chi Minh City farà altrettanto per incrementare la cooperazione economica e commerciale tra Italia e Vietnam. A queste aperture altre ne seguiranno, in linea con gli interessi strategici del Sistema Paese. Questa fase di scouting ed espansione fatta a parità di risorse richiederà degli inevitabili sacrifici. Nascono da qui chiusure e accorpamenti di uffici consolari situati in aree di emigrazione tradizionale, sostituiti da strutture più agili e tecnologicamente avanzate, per garantire comunque i servizi ai nostri connazionali”.

da “la Voce del popolo” del 3 agosto 2013

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