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Così l’arte raccontò la Grande guerra (Corriere della Sera 08apr15)

 

Gli anni della Prima guerra mondiale, quelli tra il 1914 e il 1918, sono stati, scrisse nel terzo decennio del secolo scorso lo scienziato politico Graham Wallas, «anni di sforzi, i più intensi ed eroici che l’umanità abbia mai compiuto». Così, alla fine del conflitto l’Europa si trovò non solo dissanguata, ma anche di fronte a un mondo irriconoscibile, i cui i valori dell’anteguerra erano stati spazzati via e sostituiti da altri, spesso incomprensibili. Sparita la fiducia nella scienza come spinta verso il progresso (era stata la scienza a inventare gli strumenti di morte, dai cannoni pesanti ai gas). Sparita la convinzione che l’essere umano fosse buono, dopo lo sterminio degli armeni, i massacri di ebrei sul fronte orientale, i milioni di morti negli eserciti contrapposti. Sparita la fiducia che il commercio internazionale, con il suo corollario di legami tra le nazioni e di prosperità diffusa, rendesse impossibile i conflitti. Spariti quattro imperi europei (tedesco, austroungarico, turco e russo), con i loro rapporti gerarchici vetusti ma stabili, sostituiti da una miriade di Stati piccoli e rissosi, in cui le minoranze oppresse e la maggioranze arroganti nate dall’applicazione schematica del principio di nazionalità promettevano nuovi lutti.

 

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http://www.corriere.it/cultura/15_aprile_07/cosi-l-arte-racconto-grande-guerra-287f834c-dd01-11e4-9a2e-ffdad3b6d8a1.shtml

 

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