Simone Cristicchi porterà la storia degli esuli istriani e dalmati in Istria. Dopo aver dovuto aggiungere uno spettacolo serale extra ai sei già previsti a Trieste, il cantattore romano ha affossato le polemiche della vigilia grazie a uno spettacolo efficace, commovente, condotto sul filo del racconto e dell’emozione e che ora, dopo qualche data in giro per l’Italia, si appresta ad andare oltre confine dove la “storia cancellata” ha avuto inizio, con una serie di repliche dal 9 al 12 dicembre da Rovigno a Umago, a Pola, a Fiume dove il lavoro è stato richiesto.
LE DIVISIONI – “Magazzino 18” ha molto diviso alla vigilia, contestato da sinistra e da destra a priori, criticato senza vera cognizione di causa. Simone aveva fatto girare alcune copie del testo già mesi fa, una era anche in mano mia per competenza familiare. «Le uniche modifiche – spiega Cristicchi – sono state fatte per teatralizzare il testo perchè un conto è una storia scritta altro metterla in scena. Avevo aggiunto una frase di Pahor, ma sono tornato poi alla versione originaria togliendola, unpo’ per motivi stilistici, un po’ perchè Pahor è un personaggio che divide e non è questo lo scopo di “Magazzino 18″».
La contestazione alla vigilia da sinistra e da destra, indica che forse Cristicchi ha colpito nel giusto. Ma da che parte sta l’autore romano?
«Da quella di chi non ha avuto voce per sessant’anni. Sono un artista libero. Ovvio che ci sono delle semplificazioni. Per il lavoro sui manicomi ho usato le lettere dei matti. Voci silenziose che ho sposato. Come in “Magazzino 18”. Oscar Wilde diceva che quando in artista non mette d’accordo tutti, ha fatto bene il suo mestiere. Questo argomento è stato fin troppo strumentalizzato da ogni parte e di questo gli esuli sono stanchi. Basta».
L’ARCHIVISTA – Il lungo racconto dell’Archivista romano che capita ignaro fra i mobili, le masserizie, i libri, i giocattoli abbandonati dagli esuli nell’esodo di fine guerra, i fantasmi delle foibe, dei campi di internamento, dei senza patria, che raccontano la loro storia, le vicende che portarono all’abbandono di interi paesi da parte di 350mila istriani e dalmati sono interpretati da Cristicchi con l’aiuto di un’orchestra sinfonica nascosta, filmati e immagini, oggetti, e un coro di bambini che entrano a far parte dei vari “quadri”. Le canzoni sono poche, ma in linea con la storia, in un musical che è fatto prevalentemente di parole ma che ha in alcune canzoni come “Dentro la buca”, “Magazzino 18” il giusto complemento.
I BAMBINI – «I bambini hano diversi significati, rappresentano l’innocenza e il futuro, le nuove generazioni a cui verrà consegnato il testamento della memoria. C’è la nambina slovena che ha perso il padre ad Arbe e quella italiana morta a Vergarolla. Sono dolori che non hanno un contrappeso. Non c’è un dolore più importante dell’altro».
IL CONTROESODO – Ancora i bambini rappresentano la marcia del controesodo dei duemila operai comunisti che scelgono di spostarsi da Monfalcone in Jugoslavia, destinati a essere travolti dal’imminente “strappo” di Tito da Stalin. «Partono verso il sol del’avvenire e trovano un’ideologia che si sgretola. Una storia incredibile anche questa. Si trovarono in trappola, a far la fame nel lager di Goli Otok, dove gli aguzzini erano gli stessi prigionieri».
DESTRA E SINISTRA – Teatro pieno per l’intera settimana, con rappresentanti degli esuli, di varie associazioni, alcuni da oltre confine. La tensione della vigilia si è stemperata al primo applauso, dopo qualche minuto di attesa, per poi diventare una commossa standin’ ovation finale: «Ci voleva. Ad alcuni non andava giù che questa storia fosse raccontata da un artista di sinistra, sia pure all’acqua di rose, come me. Ma alla sinistra va imputato il fatto di aver lasciato che questa storia diventasse patrimonio della destra. Ma non è una storia di destra o di sinistra. È una storia di gente, italiana, che ha davvero pagato per tutti. Ed è ora che si conosca davvero».
Giò Alajomo su Il Gazzettino 28 ottobre 2013