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Croazia, «da Bruxelles accuse inaccettabili» (Voce del popolo 28ago13)

“Quanto abbiamo sentito ieri non si era mai sentito prima. Che una persona che ricopre un incarico ufficiale, la portavoce che non parlava a nome proprio, bensì a nome del suo capo, ha accusato il governo croato di tutelare entro i propri confini gli omicidi dei dissidenti croati”. Così il premier Zoran Milanović nella sua dura replica alle dichiarazioni della portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva, rese in merito alla mancata risposta del ministero della Giustizia croato alla lettera inviata dalla vicepresidente dell’Esecutivo comunitario, Viviane Reding, che aveva chiesto a Zagabria di modificare la cosiddetta Lex Perković onde adeguarla agli standard comunitari in materia di mandato d’arresto europeo.

“La presa di posizione della Croazia significa sostanzialmente che alcuni criminali sospettati di aver ucciso, negli anni del regime comunista, emigranti croati sul territorio di un altro Paese membro dell’UE possono continuare a nascondersi dietro alle frontiere croate”, ha detto lunedì la portavoce della Commissione UE. Una frase che ha sollevato un polverone.

“Quanto dichiarato non poggia su alcun argomento ed è sbagliato, ma non basta. È un’affermazione che si pone al di sotto di ogni livello comunicativo accettabile. Così non si parla nemmeno con i nemici. Accusare il governo di uno Stato, che sta caldeggiando le modifiche costituzionali tese a escludere la prescrittibilità dei crimini commessi su matrice politica e che sta risolvendo da solo tutti i problemi degli omicidi politici in Croazia, di tutelare gli omicidi comunisti… Sembra che la persona che lo ha detto non abbia letto il mandato d’arresto europeo, e questo dovrebbe essere il suo principale compito di lavoro”, ha aggiunto il premier croato senza nascondere la rabbia per la terminologia e i toni usati da Bruxelles nel commentare la posizione croata in tema di interpretazione dello strumento europeo. Per Milanović, infatti, la vicenda assume i contorni di un incidente ed è intenzionato a portarlo all’attenzione sia dei colleghi premier dell’Unione europea sia dei componenti della Commissione Barroso.

Quello che lo preoccupa di più è però l’assonanza tra quanto detto da Mina Andreeva e alcune prese di posizione dei rappresentanti dell’opposizione parlamentare in Croazia. “La dichiarazione di ieri (lunedì, ndr) non mi preoccuperebbe se non fosse che la terminologia usata è identica a quella a cui ricorre l’opposizione in Croazia. Sia qui sia lì si tratta della stessa opzione politica”, ha affermato il premier, facendo un chiaro riferimento all’appartenenza al Gruppo del PPE in sede di Parlamento europeo. Comunque sia, ha assicurato il premier Milanović, il governo rimane fermo sulle sue posizioni ben note e le difenderà fino in fondo. “Il baccano e le offese, anche se arrivano da una parte della Commissione europea, non ci faranno desistere”. Il lavoro, comunque, non sarà di certo semplice.

Anche in considerazione del fatto che già all’interno dell’Esecutivo convivono diverse opinioni in merito al da farsi. La prima vicepremier e ministro degli Affari esteri e comunitari, Vesna Pusić, è infatti dell’opinione che la Croazia dovrebbe “prima modificare la Lex Perković (cancellando la limitazione all’applicazione del mandato d’arresto UE ai crimini commessi dopo il 2002, nda) e soltanto dopo sostenere l’eventuale cambiamento degli standard a livello europeo”.

Lo ha ribadito non più tardi di lunedì, commentando la mancata risposta alla lettera della vicepresidente Reding. “L’introduzione graduale di regole che poi si applicano e si rispettano è uno dei motivi per i quali la Croazia ha aderito all’Unione europea. È vero che i ‘vecchi’ Paesi membri avevano il diritto a porre alcune limitazioni al mandato d’arresto UE e che questo diritto non è stato esteso ai Paesi che hanno aderito all’Unione dopo il 2002 – ha detto la vicepremier davanti alle telecamere dell’HTV –, ma se è per questo – ha aggiunto – la Croazia ha dovuto, ad esempio, tradurre alcune decine di migliaia di pagine di acquis in più rispetto ad altri Paesi che sono entrati nell’Unione prima. Tutto questo è naturale, perché l’UE si sviluppa e oggi non è uguale a com’era, per dire, negli Anni ‘80”. Per Vesna Pusić la vicenda va quindi gestita in due tempi, perché “è importante rispettare l’ordine”.

“È legittimo che la Croazia discuta con gli altri Paesi membri e avvii la procedura di modifica del mandato d’arresto europeo, ma fino a quando questo non avverrà bisogna rispettare le norme in vigore”, ha precisato la Pusić, che ha ricordato che già in passato la Repubblica Ceca e la Slovenia hanno tentato di ottenere alcune limitazioni per il mandato, ma che alla fine tutti i Paesi che hanno aderito dopo il 2002 hanno dovuto applicarlo senza alcuna riserva. Nel caso concreto riguardante la Croazia e la Lex Perković poi, a detta della Pusić, ci sarebbe poi anche l’aggravante dei tempi di approvazione della legge. “È antipatico il fatto che la limitazione sia stata introdotta alla vigilia dell’adesione (nell’UE, nda)”, ha detto la vicepremier. “Il momento era particolarmente sbagliato”, ha detto, perché Bruxelles ha una spiccata sensibilità a causa di alcune esperienze passate e pertanto la vicenda è stata enfatizzata.

Posizioni nettamente diverse tra il premier e la prima vicepremier, ma non ci sarà alcuna polemica tra i due. Lo ha annunciato Milanović, affermando: “Il governo deve funzionare in base al principio di lealtà, anche se ognuno ha il diritto di esprimere la sua opinione alla fine della giornata. Io e la signora Pusić su questo tema – ha concluso –, un mese fa abbiamo votato allo stesso modo”.

chb / “la Voce del Popolo” 28 agosto 2013

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