Un compendio di storia vissuta, una geografia cittadina e una memoria collettiva, così viene da definire il libro autobiografico di Rodolfo Decleva Qualsiasi sacrificio!, giunto alla seconda edizione, nel quale l’autore, nato a Fiume nel 1929, squaderna i ricordi famigliari e gli eventi cittadini in un unico, vivace racconto che ha inizio con le lontane origini forse tedesche dell’antenato giunto alle rive dell’Adriatico e perviene ai nostri giorni attraverso un accidentato Novecento foriero di guerre e di esilii, con l’approdo a Genova nei primi anni Cinquanta e il fortunato inserimento nel lavoro grazie alla buona conoscenza delle lingue e alla naturale rettitudine che ha contraddistinto nel dopoguerra le genti giuliane e dalmate nel percorso di integrazione con le realtà locali italiane.
Centrali le pagine dedicate al tragico periodo bellico degli anni Quaranta, che a Fiume come in Istria e in Dalmazia assunse contorni straordinariamente nefasti tra il crollo dell’autorità statuale italiana dopo l’8 settembre, l’occupazione nazista prima e jugoslava poi, quando la famigerata polizia politica titina, l’Ozna, sinonimo di deportazioni e sparizioni non solo delle vittime ma anche dei loro congiunti che avessero osato chiederne notizia, si acquartierò in Piazza Scarpa. Un doveroso e sentito ricordo Decleva dedica agli studenti fiumani e ad alcuni esponenti del clero italiano che osarono sfidare, a rischio della vita, la feroce repressione jugoslava con la diffusione di volantini inneggianti alla libertà e alla italianità di Fiume, e agli esponenti dell’antifascismo fiumano, come gli autonomisti Mario Blasich e Giovanni Stercich, quest’ultimo già segretario di Riccardo Zanella, e molti altri.
Ma significative sono le pagine riservate alla precaria condizione di profughi in patria, a Roma dove Decleva trovò il Comitato Giuliano con Padre Flaminio Rocchi per il primo soccorso, mentre gli scompartimenti dei treni in sosta alla stazione Termini fornivano il solo asilo disponibile per dormire, in un contesto generale di indifferenza se non di ostilità ideologica da parte degli ambienti comunisti. E a Barletta, presso il Campo profughi, dove i genitori vennero spediti e con i quali il giovane Decleva si ricongiunse nel 1950, scoprendo le condizioni di vita nei box divisi da coperte e la tristezza di tanti esuli più anziani, nonostante la buona accoglienza dei pugliesi e la disponibilità alimentare favorita dalla pesca e dall’agricoltura locali. Il riscatto fu determinato dall’ambito ingresso nel Collegio-convitto “Tommaseo” di Brindisi, già Accademia marinara, riservato dal 1948 ai giovani profughi, scuola e fucina di professionisti del mare e non solo, ancora oggi riuniti della “Libera Unione Muli del Tommaseo”.
Dirigente del Commercio estero, appassionato e professionista della vela e della marineria, oggi animatore culturale in quel di Sori sul Golfo del Paradiso, Decleva ben rappresenta il “tipo” per così dire antropologico fiumano e giuliano, rigoroso nel lavoro e dotato di amabile senso dell’ironia, mai piegato dagli insulti della storia e scrigno di minuziose memorie di un secolo non «breve».
Patrizia C. Hansen
Rodolfo Decleva, Qualsiasi sacrificio!,
pp. 197, Genova 2015, s. i. p.