di Dario Saftich
Poco meno di un anno fa in Croazia cadevano definitivamente le barriere amministrative che impedivano ai cittadini europei di acquistare immobili senza dover ricorrere a estenuanti iter burocratici. Nonostante non siano ancora passati dodici mesi da quel fatidico primo febbraio 2009, quella scadenza sembra ormai lontana anni luce. Se qualcuno andasse oggi a rileggersi quello che scriveva la stampa locale sul tema dell'apertura del mercato immobiliare prima del venir meno dello sbarramento, forse non potrebbe credere ai propri occhi. L'opinione pubblica sembrava in preda al panico. Vi era la convinzione che nelle zone costiere, in particolare in Dalmazia, vi sarebbe stata un'autentica invasione straniera, che le peculiarità nazionali sarebbero state cancellate da orde fameliche di acquirenti, impazienti di mettere su appartamenti e villette dalle parti di Zara e Spalato, per non parlare delle isole. A poco serviva qualche voce isolata, coperta dal trambusto generale, che avvertiva che la conservazione degli steccati formali altro non era che un tentativo inutile di tenere ermeticamente chiusa la stalla quando i buoni erano già scappati da tempo. E sì, perché l'idiosincrazia nei confronti degli stranieri non rigurdava tutti i cittadini esteri. Previo assenso delle competenti autorità ministeriali già ben prima del febbraio 2009 migliaia di britannici, irlandesi, tedeschi, russi, ungheresi e via discorrendo avevano potuto ritagliarsi il loro angolino di paradiso nei "tropici alle porte di casa". Lo steccato formale, in altre parole, riguardava più che altro italiani e sloveni. Forse più che una questione di sostanza, la sua eliminazione era un fatto di principio, per evitare discriminazioni del tutto fuori luogo in regioni come la Dalmazia, che, almeno a parole, hanno sempre aspirato a far parte dell'Europa. Abbiamo rilevato che non si trattava tanto di un problema sostanziale, giacché non vi era alcun sentore di una possibile "invasione" di acquirenti dall'altra sponda. E nemmeno non vi è stata.
Anzi nell'arco di un anno il quadro psicologico è profondamente mutato, come spesso avviene nelle turbolente aree di frontiera culturale, come la Dalmazia. Semmai ora la preoccupazione di fondo deriva dal fatto che di acquirenti, a prescindere dalla nazionalità, non c'è nemmeno l'ombra o quasi. E questo nonostante i prezzi siano in caduta libera.
La psicosi dello straniero, in ultima analisi, pur dannosa di regola per la "salute civile" di qualsiasi nazione, in un certo qual senso aveva avvantaggiato nel recente passato i dalmati, in quanto aveva fatto lievitare enormemente il prezzo degli immobili, permettendo spesso ai venditori di realizzare lauti guadagni. Ma come tutti i miracoli, anche quello della bolla immobiliare ha finito per sgonfiarsi. Centinaia, se non migliaia (le cifre reali sono sempre difficili da appurarsi, in quanto per evitare ulteriori tracolli del mercato si preferisce da parte degli addetti ai lavori non pubblicizzare troppo il problema) di appartamenti nuovi sono invenduti. E questo a iniziare già dall'isola di Pago, dove il prezzo al metro quadro, prima alle stelle, è sceso a mille e anche meno euro. Ma di compratori non c'è traccia, per la disperazione degli speculatori del mattone e i faccendieri della cementificazione. Altro che paura dello straniero: se qualcuno si vede all'orizzonte gli si fanno ponti d'oro, perché non scappi subito. E che dire della metamorfosi subita dall'immagine del russo da queste parti? Qualche decennio fa era sinonimo di arretratezza e miseria. Oggi si scruta l'orizzonte sperando di vedere il panfilo di qualche oligarca dell'era Putin. Ma neppure gli affari con i multimiliardari postsovietici vanno troppo bene: essi cercano vaste tenute, isolate, vicine al mare. E in Dalmazia prevale, invece, la piccola proprietà sminuzzata, difficile da accorpare. Come dire, con gli stranieri non c'è fortuna: o si vedono fantasmi dappertutto, oppure non si fanno vedere per niente. Una "disperazione" sempre e comunque…