Forse si è persa per sbaglio, forse era solo alla ricerca di un pizzico d'avventura, proprio come il piccolo Nemo. Ma se un pesciolino pagliaccio può permettersi di passare inosservato, lei, una spilungona di dodici metri, è destinata a far notizia. Soprattutto perché non era mai successo che una megattera — la balena per antonomasia dell'Oceano Atlantico, la più amata e inseguita dai turisti — risalisse l'Adriatico fino a mostrare spruzzi e codone nel bel mezzo del golfo di Trieste.
I primi ad incrociarla lunedì sono stati i pescatori, poi è stata avvistata dalla terraferma e, alla fine, Tilen Genov è riuscito a immortalarla. Alle quattro del pomeriggio di ieri il presidente di Morigenos, l'associazione slovena per lo studio e la protezione dei mammiferi marini, era ancora a tu per tu con l'eccezionale e graditissimo ospite. «Oggi? Se sappiamo dov'è? Proprio qui davanti a noi, di fronte a Pirano! È riapparsa una decina di minuti fa, ora però mi scusi, si sta avvicinando alla barca, magari ci sentiamo più tardi», dice Genov tradendo una buona dose di emozione e c'è da capirlo, non è certo il momento di starsene col cellulare in mano, bisogna scattare nuove foto e catturare ogni dettaglio per capire se è ferita, se è spaventata e se l'esemplare sia uno dei quasi 6 mila già censiti dai biologi marini che studiano i cetacei oceanici. La balena sembra in ottima salute e non pare proprio aver paura: «Si lascia avvicinare tranquillamente, sembra non avere alcun problema — dicono dall'imbarcazione i ricercatori sloveni —. È uno splendido esemplare ed è praticamente impossibile prevedere le sue mosse». L'unica cosa sicura è che si è allontanato dal branco per poi, chissà come, ritrovarsi a scorrazzare al di qua di Gibilterra: «Si è semplicemente persa, magari inseguendo un branco di pesci — spiega Giuseppe Notarbartolo di Sciara, docente di Conservazione della biodiversità marina all'Università Statale di Milano —. Cosa decisamente rara: dalla fine dell'Ottocento a oggi è successo solo tredici volte, e nell'Adriatico c'è un unico precedente: nell'agosto del 2002 una megattera restò impigliata in una rete, per fortuna non si fece male e venne subito liberata». Ma che fare con una balena lontana 9 mila chilometri da casa? È a rischio in un habitat che le è sconosciuto? «È un animale sociale e deve vivere in branco, non può stare da sola. Normalmente si nutre di plancton, ma possono andare bene anche le sardine e le acciughe. Per sopravvivere deve però spostarsi nei fondali in cui i pescatori non hanno compiuto troppi disastri. E comunque la cosa migliore è che torni il più in fretta possibile da dove è venuta».
È un ottimo migratore, il fiato non le manca di certo. Sono infatti migliaia gli esemplari di megattera che vivono nei Caraibi d'inverno ma che, con l'estate, nuotano fino in Groenlandia a caccia di cibo: «È il grosso cetaceo più amato dal pubblico, ha caratteristiche e carattere particolarmente adatti per gli amanti del whale watching: sono espansivi, saltano volentieri fuori dall'acqua, gli sbuffi raggiungono i cinque metri d'altezza. Il loro particolarissimo canto è addirittura finito su di un disco realizzato negli anni Sessanta da National Geographic». Le balenottere che popolano il nostro Mediterraneo — una delle loro zone predilette è la Liguria Occidentale — sono sì più grandi e meno tozze, però anche assai più schive e riservate. La speranza, ora, è che la balena in vacanza in Adriatico soffra presto di nostalgia per il suo oceano e decida di fare dietrofront. Ma non c'è modo di convincerla? «Direi proprio di no, deve fare tutto da sola— afferma Notarbartolo —. Una ventina di anni fa, in California, fu possibile intervenire perché Humphrey, così venne ribattezzata la megattera, si infilò nel fiume Sacramento: come "esca" si decise di usare proprio una registrazione del canto che emettono mentre si nutrono e la cosa funzionò. Però un'operazione del genere in mare aperto sarebbe assai più complicata». Non resta che aspettare, dunque. Nel frattempo i ricercatori di Morigenos («Non le abbiamo dato un nome perché forse ce l'ha già, è quello che stiamo cercando di scoprire con i nostri colleghi nell'Atlantico ») fanno di tutto per proteggere la balena: «Controlliamo che chi la incontra non si avvicini più di una cinquantina di metri e non le stia intorno per più di 20 minuti». Sperando che alla fine torni a casa sana e salva.
Fabio Cutri