FIUME I dati pubblicati in questi giorni dall’Istituto centrale di statistica (Dsz) ci hanno riportato la memoria ad alcune sequenze di Amarcord: quelle in cui lo zio schizoide, inerpicato sull’albero, urla ai quattro punti cardinali di volere una donna.
Secondo i numeri di Dsz, in Croazia la situazione non è ancora al punto da indurre i maschietti a scalare gli alberi, ma ormai poco ci manca.
La forbice tra individui maschi e femmine in età riproduttiva è ormai talmente aperta da far temere un ulteriore inasprimento del già presente tasso di denatalità.
Il fenomeno riguarda un po’ tutte le regioni del Paese, ma è certamente più acuto nella fascia costiera dalmata e, sia pure in minor misura, coinvolge pure l’Istria. In Dalmazia le aree in cui il gap è più marcato sono attualmente quelle di Zara e Sebenico, dove ormai da anni il numero degli scapoli è in costante ascesa. Così come quello di vedove o nubili che hanno oltrepassato la cinquantina.
Secondo le evidenze divulgate dall’Istituto di statistica, attualmente in Croazia dal quadro demografico complessivo risulta che su un totale di 4 milioni e 438 mila abitanti i maschi sono ancora in inferiorità numerica, ma solo grazie alla forte eccedenza del sesso opposto nelle fasce di età over 50 e 60. In altre parole, di donne ce ne sono (anzi ce n’è un surplus di circa 158 mila unità), ma a provocare lo “squilibrio qualitativo” è la sempre più forte carenza di quelle in età da marito e di avere dei figli.
Se poi si considera che anche per quelle accasate il numero dei pargoli messi al mondo è ormai da anni in continua discesa, il problema della progressiva erosione demografica si presenta sempre più drammatico, soprattutto nelle maggiori città e nella regione insulare.
Stando all’Ufficio di consulenza demografica del Dzs, per ciò che riguarda la popolazione femminile al disotto dei quarant’anni il disavanzo globale sfiora ormai le 39 mila unità. Un deficit cronico specie in Dalmazia (in primis a Sebenico), ma solo per ciò che attiene alla popolazione muliebre under 40.
Poi, dopo la “zona grigia” o di complessivo equilibrio del decennio di transizione fra i 40 e i 50, il quadro si capovolge radicalmente e sono le donne a diventare indiscussa maggioranza (intorno alla settantina ce ne sono addirittura tre per ciascun single di sesso opposto). Una maggioranza che però ai fini demografico-riproduttivi non conta più.
La carenza che preoccupa è quella delle nubili, maritabili o comunque accoppiabili sotto la quarantina. Un disavanzo che anche di recente ha indotto taluni demografi a rilanciare un’idea balenata già più di un decennio fa.
Ossia quella di colmare il deficit ricorrendo all’importazione di donzelle in età da marito e riportare così in equilibrio la bilancia dei sessi.
Un’iniziativa del genere era stata avviata già nel 2004 da un intraprendente scapolo di Tisno (regione di Sebenico) e dalla sua agenzia di mediazione matrimomoniale “Crveno jedro” (Vela rossa), ma con scarso successo.
Per rimpolpare la “categoria deficitaria” l’agenzia aveva fatto sbarcare in Dalmazia qualche manipolo di nubili ucraine e bielorusse disposte a trovare un compagno sulle sponde adriatiche. A parte qualche sporadica unione indovinata, l’iniziativa era però naufragata quasi subito, soprattutto per i paletti posti dagli iter burocratici.
Stante l’aggravarsi dello squilibrio negli ultimi anni, ora però le apprensioni derivanti dal diagramma demografico potrebbero ribaltare tale atteggiamento. Magari – come suggeriscono taluni esperti – non attingendo solo al tradizionale mercato ucraino, ma spingendosi ben più a Oriente (come si pensa di fare in Serbia) e sondare le possibilità di reperire materiale umano adeguatamente prolifico financo nel Sud-Est asiatico.
(f.r.)