D’Annunzio rispose agli appelli di Fiume all’Italia dopo la Grande guerra

Ronchi è il paese dove nel 1882 Guglielmo Oberdan fu catturato dalla polizia austro-ungarica, per essere poi processato ed impiccato a Trieste il 20 dicembre con l’accusa di aver pianificato un attentato all’Imperatore Francesco Giuseppe d’Asburgo. Ed è a Ronchi che un febbricitante Gabriele d’Annunzio attende la notte tra l’11 ed il 12 settembre 1919 di partire alla volta di Fiume, città contesa tra Italia e neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni fin dal termine della Prima guerra mondiale. Il vicino autoparco di Palmanova verrà saccheggiato da Ercole Miani e Guido Keller; i Granatieri di Sardegna, dislocati nel Basso Friuli e che hanno a lungo fatto parte del corpo interalleato di presidio a Fiume, sono pronti a disertare in massa per tornare nel capoluogo del Carnaro, dal quale sono stati di recente allontanati in seguente ai disordini noti come “i vespri fiumani”. In tale circostanza c’erano stati morti e feriti tra le truppe del contingente francese di presidio a Fiume, ma già nelle convulse fasi conclusive del conflitto la situazione era diventata caotica.

Nel 1915 con il Patto di Londra il Regno d’Italia non aveva chiesto Fiume, ritenendo che sarebbe diventata lo sbocco al mare di un Impero asburgico sconfitto, ridimensionato e privato del suo porto più importante, vale a dire Trieste, che avrebbe dovuto diventare italiana al pari di Trento, Gorizia, Istria e Dalmazia. Ma nelle fila dei volontari irredenti che disertarono dall’esercito austro-ungarico e si arruolarono in quello italiano c’era anche una componente fiumana, che avrebbe versato il suo tributo di sangue per ottenere l’annessione all’Italia: Mario Angheben, Ipparco Baccich ed Annibale Noferi furono i caduti più celebri tra i militari provenienti dalle rive del Carnaro. A Fiume, corpus separatum della componente magiara dell’Impero austro-ungarico l’irredentismo si era in effetti sviluppato tardi, poiché appena a inizio Novecento sorse la Giovine Fiume (organizzazione di evidente stampo mazziniano), allorché le autorità di Budapest imposero una magiarizzazione culturale che andava contro gli statuti di autonomia sui quali si basava il collegamento diretto con la capitale. Il passaggio da autonomismo a irredentismo fu tardivo rispetto all’Istria e alla Dalmazia, ma molto rapido e di ampia portata: a poche settimane dal termine di quella che i contemporanei chiamarono Grande guerra il deputato fiumano Andrea Ossoinack in una delle ultime sedute del Parlamento di Budapest annunciò che Fiume voleva l’annessione all’Italia in virtù del principio di autodeterminazione dei popoli, che era poi uno dei Quattrodici punti in nome dei quali il Presidente Woodrow Wilson aveva fatto entrare nel conflitto gli Stati Uniti d’America.

Il 30 ottobre 1918, allorchè il successo italiano a Vittorio Veneto era ormai completo e l’imperialregio esercito era in ritirata pure dopo le sconfitte subite nei Balcani, il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume chiese l’annessione al Regno d’Italia. Furono, però, le truppe di Belgrado a giungere per prime nei sobborghi cittadini, mentre navi e soldati italiani esitarono ad apparire, onde evitare incidenti con gli alleati, che avevano ben altre intenzioni per Fiume.

Truppe italiane, slave, francesi, britanniche e statunitensi avrebbero preso il controllo di Fiume in attesa delle decisioni della Conferenza di Pace, ove la diplomazia sabauda chiese il rispetto del Patto di Londra più Fiume. Nei mesi seguenti le manifestazioni di italianità nella città contesa furono sempre più intense e frequenti, finché una delegazione di granatieri congiurati chiese a Gabriele d’Annunzio, poeta e combattente che aveva accresciuto la sua fama durante la guerra, di porsi a capo di un piccolo esercito, una legione costituita di volontari e disertori. Patrioti e sindacalisti rivoluzionari, futuristi e massoni, reduci e volontari, intellettuali provenienti da tutto il mondo e avventurieri, artisti e irredentisti: questi erano i legionari che avrebbero presidiato Fiume fino al tragico epilogo del Natale di Sangue 1920.

Quel paese della bisiacaria in cui d’Annunzio trascorse la vigilia della spedizione fiumana sarebbe perciò diventato Ronchi dei Legionari, il Vate dell’anteguerra sarebbe diventato il Comandante di Fiume, il perseverare dello stallo in merito alla sorte della “città olocausta” avrebbe portato alla Reggenza Italiana del Carnaro, che si sarebbe dotata di una carta costituzionale all’avanguardia per l’epoca nota come la Carta del Carnaro.  

Lorenzo Salimbeni

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Foto gentilmente concessa dall’Archivio Museo Storico di Fiume (Roma)
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