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De Gregori e lo zio ucciso in malga (Il Piccolo 30 mag)

Completo scuro, cravatta. Non sembra, dal vestito. E invece è proprio lui, Francesco De Gregori, mimetizzato tra la folla e le associazioni partigiane. Il cantautore è a Faedis, ascolta l’intervento del presidente della Repubblica sull’eccidio di Porzus. Non è lì per caso. De Gregori, vicenda nota, è nipote di uno dei partigiani bianchi uccisi in malga: si chiamava Francesco, anche lui. Nome di battaglia: “Bolla”. Era nato nel 1910, “Bolla”. Morì fucilato il 7 febbraio 1945. Un militare. Al termine dell’Accademia di Modena venne assegnato all’ottavo Reggimento alpini. Durante la seconda guerra mondiale agì sul fronte occidentale, poi su quello greco-albanese. Rimpatriato per malattia, venne promosso capitano e insegnò per un breve periodo nella Scuola militare di Bassano del Grappa prima di tornare in Albania come addetto allo stato maggiore dell’VIII Corpo d’armata.

 

Dopo l’armistizio, entrò a far parte della resistenza come comandante nel gruppo Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo, formazione cattolico-liberale. La storia racconta che il 24 settembre 1944 partecipò ai colloqui tra i partigiani comunisti della brigata Garibaldi, gli osovani e un ufficiale jugoslavo che chiedeva il passaggio delle formazioni italiane sotto il comando del IX Corpus Jugoslavo. I partigiani osoviani “Bolla” e “Paolo” si dichiararono contrari, a differenza dei comunisti che accettarono la proposta slovena. Le trattative continuarono ma nel gennaio 1945 tre osovani a presidio di Taipana furono sequestrati e uccisi da partigiani jugoslavi. De Gregori informò il Comando lamentando anche l’isolamento in cui si trovava il proprio reparto.

 

Il 6 febbraio fu radunato un reparto di un centinaio di uomini per un’azione contro la brigata Osoppo comandata da “Bolla”. Siamo al tragico epilogo del 7 febbraio: la missione dei gappisti comunisti guidati da Mario Toffanin, l’arresto degli osovani, la loro fucilazione tra la malga e Bosco Romagno. Nella sua carriera De Gregori ha ricordato lo zio in un disco del 1996, «Prendere e lasciare». In quell’album trova spazio “Stelutis Alpinis”, il racconto di un soldato che muore in montagna e lì viene seppellito.

 

(fonte “Il Piccolo” 30 maggio 2012)

 

 

 

De Gregori a Faedis

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