L’ampia cornice di pubblico che contraddistingue a Gorizia èStoria, il Festival Internazionale della Storia, durante l’edizione numero 19 dedicata alle Donne non è stata da meno. Relatori prestigiosi, rassegne cinematografiche, presentazioni librarie e tavole rotonde hanno scandito il fitto calendario di eventi, tra cui non sono mancate iniziative organizzate dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
Sabato 27 maggio Donne “impegnate” tra sacro e profano era il titolo del panel che ha visto i contributi di Donatella Schürzel (PhD europeo in Storia dell’Europa e Vicepresidente nazionale vicario dell’Anvgd), Maria Grazia Giulia Chiappori (Dottore di ricerca in Storia dell’Europa e Consigliere nazionale dell’Anvgd) e Barbara Vinciguerra (Dottore di ricerca in Scienze Documentarie linguistiche e letterarie ed insegnante).
La professoressa Schürzel ha tenuto una relazione inerente le confraternite femminili, dalla Compagnia di Sant’Anna attiva a Roma nel XVII-XVIII secolo alle Sorelle nella Grande guerra passando per la Compagnia dell’Umiltà presente a Torino dal XVI al XX secolo. «È stato grande l’apporto delle donne raccolte in confraternite – ha spiegato la dirigente nazionale dell’Anvgd – in differenti avvenimenti umani, in vicende storiche, economiche, religiose, artistiche e letterarie ». Attraverso la solidarietà e la formazione, la Compagnia di Sant’Anna creò reti di reinserimento sociale che consentirono il recupero dall’emarginazione e la possibilità di accogliere nuove bisognose ottenendo aiuti e supporti da coloro le quali erano state precedentemente beneficiate. La Compagnia consolidò un potere parallelo e paritario con quello ufficiale maschile, che avrebbe voluto controllare la confraternita, usando modalità di azione che oggi vengono interpretate come i prodromi dell’impegno per il voto alle donne. Oltre al lavoro svolto in tutta Italia dalle donne al posto degli uomini mobilitati al fronte, l’opera assistenziale fornita invece dalla Sorelle durante il conflitto del 1915-’18 sarebbe poi stata inquadrata nell’ambito della Croce Rossa Italiana, ma pochi furono i riconoscimenti per le tantissime che prestando l’opera di soccorso a ridosso delle trincee furono ferite o uccise.
Quello di Madame Elena Blavatsky è un nome che ancor oggi suscita perplessità, ma la teosofia che lei sviluppò accostandosi allo studio comparato delle religioni ed alla sapienza tradizionale tibetana lasciò un’impronta sociale anche al di fuori degli ambiti esoterici e massonici. «Fu molto sensibile alle vicende risorgimentali – ha specificato la professoressa Chiappori – e non solo influenzò l’approccio spirituale di Giuseppe Mazzini alla politica, ma fu anche presente nelle file garibaldine, trovandosi a fianco delle camicie rosse in particolare nella battaglia di Mentana contro i francesi che difendevano lo Stato pontificio». La sua interpretazione originale del sacro presente in tutte le religioni e le rivendicazioni della libertà femminile volevano costituire una via d’uscita dalla mentalità positivista dominante nell’Europa del tardo Ottocento e soprattutto nel mondo orientale, nel quale compì numerosi viaggi e prolungati soggiorni, trovò insegnamenti, esempi e suggestioni che cercò poi di mettere in pratica ad esempio attraverso la Società Teosofica e nella formazione di Krishnamurti, il quale però si sarebbe poi mosso autonomamente.
Se Maria Assunta Giulia Volpi Nannipieri dice poco, il suo nome d’arte Mura è forse più noto, ma si trattò di una scrittrice che nell’Italia fra le due guerre mondiali ottenne successo e visibilità con una produzione letteraria che scardinava i luoghi comuni sociali e le visioni tradizionali. La professoressa Vinciguerra ha evidenziato che «nei suoi romanzi veniva delineata un’identità femminile antitetica a quella della figura di madre e di moglie che il fascismo voleva imporre ricalcando consolidati stereotipi». I suoi romanzi, editi da Sonzogno e illustrati da Marcello Dudovich, finirono per incorrere negli strali della censura del regime, con particolare riferimento a “Sambadù amore negro”, nella cui copertina il protagonista africano tiene in braccio una donna bianca. Antagonista nel campo del romanzo rosa rispetto alla più celebrata Liala, Mura (deceduta in un incidente aereo) andava ben al di là delle istanze delle femministe e delle suffragette, rivendicando per le donne la riscoperta più completa della propria femminilità invece che assumere ruoli e prospettive maschili in nome di una totale uguaglianza.
Lorenzo Salimbeni