di PIETRO COMELLI
C’è anche il nome del consigliere comunale Iztok Furlanic (Rifondazione comunista) fra gli aderenti di Trst je nas (Trieste è nostra). Non un movimento politico in senso stretto e tradizionale del termine, ma un gruppo fondato sul sito di social network Facebook. Il fenomeno su Internet del momento, che mette in contatto amici reali e virtuali.
Attorno al motto usato dai partigiani di Tito nel ’45, per rivendicare l’appartenenza della città alla Jugoslavia, si ritrovano per dialogare nella «rete» oltre 1500 iscritti. Il loro identikit è chiaro: giovani e quasi tutti appartenenti alla minoranza slovena, più una pattuglia di adesioni dalla Slovenia e anche dalla Croazia. Nelle foto degli aderenti presenti sul sito, alcuni sono ritratti con le bandiere slovene e in testa la bustina dei partigiani jugoslavi con la stella rossa. Immagini e scritte che ricordano i 40 giorni di occupazione titina e la triste pagina delle foibe.
Il nome del gruppo, accompagnato dal simbolo della Trieste asburgica, non è passato inosservato agli amanti del fenomeno Facebook e in particolare ai detrattori. È nato così un contro-gruppo, arrivato a un migliaio di iscritti, dall’informazione di base molto chiara: «È inaccettabile che si affermi l’appartenenza di Trieste alla Slovenia. Tutti in coro diciamo al gruppo Trst je nas vaffa…». Una prova di forza accompagnata dalla segnalazione a Facebook del gruppo in questione quale «incitante all’odio razziale» e per questo da rimuovere, come già accaduto per i gruppi neonazisti. Non a caso rispetto all’inizio Trst je nas è diventato un gruppo privato: per accedere alla discussione bisogna aver ricevuto un invito (oltre 400 non hanno risposto) o l’approvazione da un amministratore.
Ma il duello a colpi di tastiera sta assumendo anche delle connotazioni partitiche. Se da una parte c’è Furlanic (Rifondazione), infatti, nel gruppo di contestatori compare invece l’assessore comunale Paolo Rovis (Forza Italia). Non un nazionalista sfegatato, ma un assiduo frequentatore di Facebook. «Più che il gruppo in sé, trovo preoccupante che vi aderisca un consigliere comunale eletto a Trieste, che siede sui banchi della massima istituzione cittadina, dove si amministra secondo le leggi italiane. Fosse coerente – scrive Rovis – dovrebbe dimettersi, dal momento che appartenere al gruppo ”Trieste è Slovenia” significa non riconoscere la sovranità dello Stato italiano nella nostra città».
Un attacco politico accompagnato dall’invito, rivolto agli aderenti del proprio gruppo, di abbassare i toni della contesa. Non proprio in linea con una possibile riconciliazione fra Italia, Slovenia e Croazia, rispetto alle tragedie avvenute nel ’900 al confine orientale. «Evitiamo luoghi comuni, offese e frasi fatte per non mettersi allo stesso livello dei provocatori di professione. Auspico al più presto la chiusura d’autorità del gruppo in questione – scrive l’assessore della giunta Dipiazza ai propri amici – così che si possa di conseguenza chiudere anche questo gruppo per interessarsi a temi attuali, che mi pare sarebbe più produttivo per tutti».
La replica di Furlanic non tarda ad arrivare. «Facebook resta un gioco, prenderlo troppo sul serio è esagerato», dice il consigliere comunale di Rifondazione comunista. Scindendo l’uso del gruppo dalla storia, ma senza rinnegare le proprie idee e simpatie titine. «Il mio concetto di Trst je nas è che Trieste è anche slovena, ecco forse sarebbe stato meglio chiamare il gruppo Trst je pudi nas (Trieste è anche nostra) in modo da sottolineare la natura cosmopolita della città e superando le divisioni del passato». Nessuna presa di distanza, però, dal nome preso in prestito dai partigiani di Tito che entrarono a Trieste il 1° maggio del ’45. «Era il motto del IX Corpus e, date le mie posizioni, non nascondo che quella è l’unica data della Liberazione. Non sarà una posizione maggioritaria, ma chiedo di rispettarla in virtù delle sofferenze patite dalla minoranza slovena in queste terre».
Un botta e risposta con Rovis censurando i commenti più duri, presenti all’interno dei due gruppi, ma respingendo la richiesta di dimissioni. «Questi siti non aiutano, me ne rendo conto. La mia adesione a Trst je nas è nata per caso e voleva essere solo un gioco – dice Furlanic – per dialogare in rete. Sono consapevole che la storia non si scrive su Facebook». Una risposta che non convince Rovis: «È come se uno fondasse il gruppo Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi compariva all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz, ndr) e poi dicesse che è una goliardata – replica l’assessore della giunta Dipiazza – Quella scritta ricorda delle tragedie che urtano la sensibilità della gente, mi sembra di cattivo gusto usarla. Il gruppo deve essere chiuso o almeno Furlanic scelga di uscirne». E meno male che i due avversari politici su Facebook sono «amici».