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Ebrei di Fiume, un omaggio alla Giornata della Memoria – 26gen15

 

Tra gli esuli giuliani e dalmati si annoverano anche italiani di religione ebraica, come Paolo Santarcangeli (Fiume 1909- Torino 1995), fiumano di origine ungherese, docente universitario a Torino, traduttore e saggista,«ultimo grande rappresentante della letteratura italo-ungherese fiumana, poeta e scrittore italiano di fama europea, grande traduttore e divulgatore della letteratura moderna ungherese in Italia», come ebbe a definirlo il collega Péter Sárközy nel ricordarlo ad un anno dalla scomparsa. Tra i suoi molti e dotti volumi almeno due Santarcangeli dedicò alla su Fiume, Il porto dell’aquila decapitata (Vallecchi 1969) e In cattività babilonese (Del Bianco, 1987), nei quali il racconto della vita trascorsa prima dell’esodo nella città quarnerina si tinge dei colori intensi e irriproducibili della nostalgia per la patria perduta, quella città affacciata nei secoli sul mondo che valeva la battuta alla quale era solito ricorrere per definire la sua origine: «Al mondo ci sono tre specie di persone: quelle nate a Fiume, gli ungheresi e infine tutti gli altri».

 

Nella ricorrenza della Giornata della Memoria della Shoah, il 27 Gennaio, vogliamo riportare alcuni passaggi tratti dal suo libro Il porto dell’aquila decapitata, nelle cui pagine descrive, oltre agli ebrei «ortodossi» presenti a Fiume, anche i «moderni» ai quali egli apparteneva: «[…] vestivano e si comportavano come gli altri cittadini e sempre più si fondevano con essi. […] In talune famiglie, essi potevano vantare una lunga ascendenza fiumana. Infatti già verso il 1780 si ha notizia dell’insediamento di un gruppo di ebrei, proveniente da Trieste, dove erano stati accolti “sotto gli auspici della singolare grazia e clemenza” dell’imperatrice Maria Teresa. […] Avevano nella via del Pomerio, là dove frequentai le scuole elementari, una bella sinagoga, che fu fatta saltare in aria dai nazisti. I libro sacri, affidati in tempo al Vescovo della città [mons. Ugo Camozzo, ndr], furono salvati. Oggi, di quel tempio non resta traccia. E quanti, tra quelli che lo frequentavano, sono ancora in vita? A Fiume non ne è rimasto nessuno, a quanto mi è parso di vedere; la più parte, uccisi nei campi di concentramento dei tedeschi; gli scampati, dispersi per i quattro angoli d’Italia e del mondo, come i loro concittadini cristiani». «Solo la volontà testimonia per noi, perché abbiamo voluto e scelto di stare con l’Italia: e tale scelta ci fece onore, quando significò distacco, povertà, esilio».

 

Sulla presenza ebraica a Fiume si vedano anche: Teodoro Morgani, Ebrei di Fiume e Abbazia (1441-1945), Carucci, Roma 1979; Ilona Fried, Fiume, città della memoria, Del Bianco, Udine 2005; Federico Falk, Le Comunità israelitiche di Fiume e Abbazia tra le due guerre mondiali: Gli ebrei residenti in Provincia del Carnaro negli anni 1915- 1945, da noi recensito al link

 

http://www.anvgd.it/notizie/14482-comunita-ebraiche-a-fiume-e-abbazia-la-ldata-ignotar-della-memoria-25gen13.html

 

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