La guerra civile del ’43-’45 (con i suoi tanti assurdi strascichi) fu dura e crudele ovunque, ma soprattutto lungo il confine orientale, a causa dell’occupazione titina. Partigiani sloveni e partigiani italiani di formazioni “garibaldine”, le truppe del IX Corpus sloveno, la cosiddetta “Guardia del Popolo”, formata da circa 400 comunisti italiani, e l’Armata Jugoslava del Movimento di Liberazione Jugoslavo (ANVOJ), di cui arrivarono a far parte anche ex militari del nostro Regio Esercito, si macchiarono di orrendi crimini contro tutti coloro che si opponessero in qualche modo, nei fatti o solo potenzialmente, all’annessione dell’Istria, della Venezia Giulia e del territorio friulano fino al confine sognato sulle sponde del Tagliamento. Così tantissimi furono gli uccisi, i deportati nei campi di rieducazione (Borovnica, Skofja Loka, Lepoglava, Lubiana, Aidussina, Idria, Vipacco, Maribor), gli infoibati, gli scomparsi nel nulla.
Ma quanti esattamente? Finora è stato difficile fornire delle cifre esatte e non contestabili. Troppo poche le fonti certe e le testimonianze inoppugnabili per non produrre un balletto di numeri e polemiche strumentali, con i “negazionisti” che riducevano gli infoibati a poche decine e gli scomparsi ad alcune centinaia. Ma adesso, finalmente, grazie al Registro delle vittime del Confine Orientale (A-B-C). Gli Italiani e gli Istroveneti (Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”, pp. 320, euro 25; tel. 0434/554230, info@silentesloquimur.it) curato dallo storico Marco Pirina, con la collaborazione di studiosi italiani, sloveni, croati e serbi, alcuni punti fermi si possono dare per acquisiti.
In questo primo volume (sui quattro previsti) Pirina cataloga in ordine alfabetico, dalla A di Abate Umberto, carabiniere calabrese prelevato il 1° maggio 1945, alla C di Cuzzucrea Giuseppe, marinaio della Capitaneria di Porto di Pola prigioniero a Ogulin, tutte le vittime (in totale sono quasi 20mila), sia civili (compresi gli Autonomisti Fiumani che sognavano la realizzazione, a guerra conclusa, di una “Territorio Libero di Fiume”) che militari, dall’8 settembre 1943 al 1950, riportando per ognuna i dati anagrafici, la professione e le circostanze della morte.
Nello sterminato elenco, redatto sulla base di documenti scovati in archivi italiani, serbi, croati, sloveni e inglesi, colpisce soprattutto la presenza di antifascisti, dai partigiani della “Osoppo” a quelli del Corpo Volontari della Libertà, dai militari del Corpo Italiano di Liberazione (schierati con gli Alleati) ai membri locali del CNL. A riprova che per finir male bastava e avanzava non essere troppo entusiasti dell’annessione alla Jugoslavia.
Particolarmente agghiacciante, tra i tanti documenti pubblicati, quello del Tribunale militare di Padova riguardante la sorte di 12 carabinieri di Tarvisio. Dopo essere stati catturati nel marzo 1944 presso la centrale elettrica di Bretto Inferiore, in seguito a una legittima operazione bellica, dall’IX Corpus, furono condotti in località Malga Bala, avvelenati con soda caustica, torturati (fratture a braccia e gambe, occhi cavati via, evirazione con fil di ferro legato ai testicoli) e quindi finiti a colpi di piccone. Il tutto in spregio della Convenzione di Ginevra sui diritti dei prigionieri. A questi dodici patrioti, lo scorso 27 marzo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, su proposta del ministro dell’Interno, ha conferito la medaglia d’oro al Merito Civile (vedi documento qui sopra).