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Edit in crisi, appello a Palazzo Chigi (Il Piccolo 08 ott)

di ANDREA MARSANICH

FIUME Di momenti gravi, pesanti, la Casa giornalistica ed editoriale Edit ne ha passati diversi nella sua pluridecennale esistenza, senza però mai mollare, dall’alto del suo ruolo che è di fondamentale importanza per le sorti della Comunità nazionale italiana di Croazia e Slovenia. Quella attuale è però fra le crisi finanziarie più penalizzanti nella lunga storia dell’Edit e, se vogliamo, fa ancora più male a causa di un altro aspetto: non ha origine dall’insensibilità dei governi di Croazia e Slovenia o dalla disaffezione dei lettori, bensì viene provocata dalla mancanza di fondi provenienti da Roma, e precisamente dal Dipartimento per l’editoria della Presidenza del Consiglio. È l’organismo di Palazzo Chigi che si occupa dei contributi pubblici ai mezzi d’informazione, comprese le testate italiane all’estero. Ne è responsabile il sottosegretario Paolo Bonaiuti. Va rilevato che l’Edit non è più in mani pubbliche croate da nove anni, essendo diventata di proprietà dell’Unione italiana e dunque ha diritto all’ottenimento dei fondi della legge 250/90 per i giornali italiani all’estero. Purtroppo questo diritto non viene realizzato da tanti, troppi anni, si sottolinea a Fiume, in quanto il dipartimento è dell’avviso che l’Edit non abbia diritto ai sussidi poiché già ottiene dotazioni da Zagabria e Slovenia. La normativa 250/90, si ribatte a Fiume, non contempla però l’esclusione dai finanziamenti di quelle testate che ricevono aiuti da Paesi stranieri.

Il risultato è che il quotidiano ”La Voce del popolo” e il quindicinale ”Panorama” da alcuni giorni vengono stampati in bianco e nero, con foliazione ridotta. Per tacere dell’ansia e del disagio presenti tra gli 89 dipendenti dell’Edit, azienda che 20 anni fa aveva una quindicina di occupati in più, costretta all’epoca ad una dolorosa emorragia di giornalisti.

«Qualcosa sta però cambiando – dichiara il direttore dell’Edit, Silvio Forza – e posso confermare in tal senso l’interessamento dei nostri confronti del sottosegretario Bonaiuti, una notizia che ci gratifica e ci fa sperare. Voglio rilevare che per decenni si è ritenuto normale sia che i salari dei giornalisti e degli altri dipendenti dell’azienda fossero bassi e sia che la stessa Edit costasse poco. Ma è un’ottica sbagliata per quanto stiamo facendo, per il nostro livello di produzione e la relativa qualità. Ci è stato rimproverato di avere speso soldi che non avevamo incamerato, ma da parte mia posso obiettare che noi non abbiamo rinunciato al diritto al contributo del dipartimento di Palazzo Chigi. Sono fondi sui quali facevamo affidamento, in quanto l’alternativa era di tagliare tutto, procedere a licenziamenti, ridurre drasticamente gli stipendi. Non l’abbiamo fatto, tutelando l’occupazione e i nostri prodotti. Abbiamo pazientato per tanti anni, garantendo ai nostri lettori e ai fruitori dei nostri servizi una produzione più che dignitosa. Andare avanti in questo modo non è però più possibile. Se avessimo aspettato ancora, credo che ci sarebbe stato una nuova emorragia di quadri giornalistici». Forza, nel sottolineare che Lubiana, Zagabria, Unione italiana e Farnesina stanno facendo la loro parte, ha voluto ringraziare anche i lettori e gli esuli per i numerosi attestati di solidarietà pervenuti recentemente all’indirizzo dell’Edit.

 

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