di Linda Chiaramonte
Dopo la seconda guerra mondiale Elena è stata una fra i circa 31 mila esuli di Fiume, in totale più di 250mila da tutta l’Istria. In quegli anni, con la città passata alla Jugoslavia e il regime comunista di Tito, gli italiani furono costretti con la violenza ad andare via.
Fra loro anche lei, otto anni, che insieme a padre, madre, nonna e sorella, ne ha vissuti dodici in alcuni campi profughi del nostro paese, più di un centinaio su tutto il territorio. La sua storia è raccontata in Palacinche, libro uscito con Fandango (collana Documenti). Attraverso vecchie foto di famiglia, scatti recenti e disegni si ripercorrono le tappe di Elena, mamma di Caterina Sansone, fotografa e autrice del progetto insieme al fumettista Alessandro Tota.
«Profuga per molti anni nel suo stesso paese come i tanti immigrati italiani che, oltre alle difficili condizioni di vita e alla delicata integrazione, sono stati a lungo vittime del pregiudizio dei loro stessi connazionali che li percepivano, nel peggiore dei casi, come fascisti e, nel migliore, come stranieri», è scritto nell’introduzione del volume.
Alcune foto e tavole sono state esposte per la prima volta in pubblico a Bologna durante il festival Bilbolbul.
Palacinche è il nome di una frittella che Elena preparava alle figlie. «Ricordo nel centro di Fiume un chiosco che sfornava crépes fumanti con l’insegna Palacinke – dice Caterina Sansone -Quella parola ha riportato in superficie dolci ricordi d’infanzia. Vorrei partire da qui, da questo piatto tipico, mitteleuropeo, arrivato, come tante altre ricette austroungariche, sulle tavole delle famiglie istriane. Da questo nome uguale in croato e in italiano (diverso solo nella scrittura), da un piatto che insieme a canti e proverbi, ha attraversato la frontiera, come parte del bagaglio culturale di un popolo in esilio. Meglio partire da un ricordo gioioso per attraversare la memoria dell’esodo».
Si tratta di un lavoro di narrazione visiva che mescola tecniche diverse. È un viaggio a ritroso che Tota e Sansone hanno intrapreso in quegli stessi luoghi grazie alle testimonianze raccolte dalla madre. Elena, nata a Fiume nel ’42, partita con la famiglia nel ’50 con poche cose in valigia e una macchina da cucire, e che in quella città non fece più ritorno. Un racconto che sembra uscire da un passato molto remoto, ma più vicino di quanto si creda, come dimostra il campo profughi di Capodimonte smantellato solo nel 1991. «Conoscevo solo alcuni tasselli di una storia familiare che non sono mai riuscita a farmi narrare per intero – continua Caterina – di cui sapevo solo aneddoti sparsi. Ho sentito la necessità di riappropriarmene come memoria storica e testimonianza di una generazione».
Per questo nell’estate 2009, insieme ad Alessandro Tota, è partita per un viaggio fra l’Italia e la Croazia, «cercando gli stessi posti in cui quelle vecchie foto erano state scattate e immaginando come potesse essere la vita in una baracca in un bosco di Napoli o in un campo profughi a Termini Imerese», ha proseguito la fotografa. La prima tappa è stata Firenze, dove Mena arrivò nel 70 e dove vive tuttora, poi Napoli dove, dal ’51 al ’63, ha vissuto nel campo profughi nel Rea] Bosco di Capodimonte, in baracche di legno e lamiera, dopo aver trascorso alcuni mesi a Bagnoli nel campo Irò (International Refugee Organisation), attualmente base della Nato.
Un’altra tappa è stata Termini Imerese, vicino Palermo, cittadina in cui per nove mesi la famiglia di Elena ha abitato in un campo allestito in un edificio del centro. Qui, con la sua famiglia, ha ricevuto la qualifica di profuga. Poi ancora a Udine, nel centro di smistamento da cui sono transitate circa centomila persone, e rimasero circa una settimana prima di essere mandati in Sicilia. Trieste, dove tutti i profughi trascorrevano la prima notte in esilio e in cui vive attualmente Meri, sorella maggiore di Elena. Infine Fiume, oggi Rijeka, Croazia, dove tutto ha avuto inizio. Sansone e Tota, entrambi trentenni, dal 2006 vivono e lavorano a Parigi. Lei è assistente di fotografi internazionali, Tota è stato pubblicato in Francia nel 2009 e l’anno scorso il suo Yeti, lavoro pluripremiato, è stato edito da Coconino Press/Fandango libri.
(courtesy MLH)