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Emilio Felluga, un istriano ai vertici del Coni – 25feb13

«Sono nato in salita un giorno di fine febbraio.

Era il 1937 e la mia famiglia viveva a Isola d’Istria. Terra di pescatori, contadini e molti padroni: veneta dal 1280, francese a cavallo dei secoli XVII e XVIII, austroungarica nell’Ottocento. Poi, italiana dal 1918. Una parentesi felice bruscamente chiusa dalla guerra e dalla psicastenia tedesca, dall’atroce Trattato di Parigi e dal Memorandum di Londra del 1954. La geografia cambiò sotto i nostri piedi. Vennero la follia titina e l’esodo forzatodi migliaia di italiani, da quelle strade e da quelle piazze che non sarebbe state mai più nostre».

Così, in un passaggio del suo libro autobiografico, si descrive Emilio Felluga, sino al 2012 presidente regionale del Coni Friuli Venezia Giulia, al culmine di una lunga e ricca carriera ai più alti livelli della dirigenza sportiva nazionale. Commendatore all’ordine della Repubblica Italiana, Stella d’Oro del Coni, promotore della prima Scuola regionale dello Sport e di un’infinità di altre iniziative volte alla promozione delle discipline sportive intese come supporto alla formazione dei giovani, Felluga conserva intatti quello stile e quella cordialità propria dei giuliani, quel tratto veneto di leggerezza e di umanità che sfuma anche i pesi della storia e le tragedie collettive.

«Ma sono le regole del gioco – scrive –: lo sport è la più autentica allegoria degli opposti, è malattia e cura, consente di vivere altrove, di vagheggiare e costruire castelli in aria». E attraverso decenni di «allegoria degli opposti» Felluga racconta in questo suo libro –Sognavo il Tour de France (ma non avevo la bicicletta), pubblicato da Luglio Editore di Trieste – la sua avventura esistenziale e sportiva nella quale convivono e dialogano le grandi vicende del Novecento e il suo personale, fortunato percorso nel cuore dello sport e dei suoi protagonisti.

Suddiviso in capitoli, dagli anni dell’esodo alle Olimpiadi di Atene e ai nostri giorni, questo originale volume affascinerà il lettore per l’ariosa e avvincente narrazione di cui Felluga dà prova, nella quale si amalgamano (ed è il suo segreto) il racconto di circostanze e personaggi sportivi con i ricordi degli eventi che colpirono l’Istria alla metà del secolo scorso. Così il giovane dirigente profugo da Isola sentì, nel 1960, di dover contribuire alla rinascita a Muggia della mitica società nautica “Giacinto Pullino”, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Amsterdam nel lontano 1928:

«Il gran pavese sventolava […] per ricordare a tutti che oggi Muggia era in festa: la Pullino aveva finalmente una propria sede. Era una festa di popolo, quella della nostra canottiera, non solo di sport […]. Di fronte, […] Isola d’Istria distava meno di venti chilometri, ma in verità, nei nostri cuori, era lontana un secolo». Non facile, tuttavia, la rinascita della celebre canottieri in quella piccola cornice e pur stupenda muggesana, amministrata da una giunta comunista. Ma l’entusiasmo e la volontà furono inestinguibili: «stavolta ci eravamo ripresi un pezzetto di storia e di onore, […] che dovevamo a quei seimila esuli da Isola che, insieme a me, avevano condiviso un ideale, una speranza e infine uno spasimo sciupati e bruciati tra le braci di Tito».

Un volume, questo, che se inevitabilmente non riconcilia con la storia, riconcilia senz’altro con lo sport, qui vissuto e narrato nella sua purezza di passione e civiltà, di coraggio e di lealtà, così rari ai nostri giorni; e praticato con il sorriso e la cordialità di un suo protagonista che ha tentato, com’egli stesso scrive, molte salite nel corso della vita, «non con la voglia di fama e ricchezza, ma di essere, fare e sapere».

ANVGD nazionale

 

 

 

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