“Undicesimo comandamento: non dimenticare”. Il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Piero Mauro Zanin, ha commentato con queste parole la testimonianza in Aula di Erminia Dionis Bernobi, moglie del cugino di Norma Cossetto e testimone diretta del pesante clima politico-culturale che si respirava in Istria al tempo delle foibe.
“Siamo reduci – ha ricordato il Presidente del Consiglio regionale Zanin aprendo la seduta antimeridiana proprio con la commemorazione del Giorno del ricordo – da giornate intense, con le parole di Liliana Segre lette in Consiglio in occasione della Giornata della memoria, la testimonianza del maestro Giorgio Celiberti, la cerimonia davanti alla Foiba di Basovizza, la commemorazione dei caduti di Porzus.
Oggi torniamo a parlare di una tragedia, quella dell’Istria, che ha ancora bisogno di una condivisione complessiva nel nostro Paese, come ha sottolineato il ministro Ciriani a Trieste, e deve entrare nei libri di storia in modo da diventare patrimonio delle giovani generazioni, che nulla sanno dell’esodo”.
Quest’operazione di recupero della memoria trova, sempre secondo il presidente, un magistrale punto di approdo nello spettacolo di Simone Cristicchi, Magazzino 18, replicato nei giorni scorsi, di cui Zanin ha ricordato “l’immagine delle sedie vuote sul palco, a testimoniare simbolicamente cosa abbia voluto dire per le nostre terre il periodo successivo al 1943”.
Il presidente ha poi introdotto la figura di Erminia Dionis Bernobi, prossima ai 92 anni ma ancora testimone lucidissima della tragedia istriana. Con un po’ di emozione, ma senza mai cedere alla commozione, Dionis Bernobi ha raccontato l’episodio-chiave della sua vita. Siamo nel 1946, a tre anni dalla barbara uccisione della sua amica Norma Cossetto che venne torturata, seviziata e gettata in una foiba nell’ottobre del 1943. Erminia, quindicenne, é al lavoro in una sartoria quando entra nel negozio uno degli aguzzini della Cossetto, dicendo frasi come “Tutti in foiba, tutti i Cossetto in foiba”.
“Io stavo lavorando dietro una tenda, ma l’avevo riconosciuto subito dalla voce – ha raccontato l’anziana esule – e ho pensato di colpirlo con le forbici che avevo in mano. Sono andata verso di lui e l’ho insultato, per poi scappare dal negozio. Fu così che il sarto convinse mia madre a farmi scappare, perché era troppo rischioso per me restare in paese. Ero stata mandata via anche dalla scuola jugoslava perché mi ero rifiutata di scrivere sul quaderno ‘io amo Tito’”.
Un viaggio a piedi da Santa Domenica a Buie, e poi da qui a Sicciole, fino a Trieste, che Erminia ricorda ancora in tutti i suoi particolari, dal latte con polenta offerto da una donna nella quale lei e un altro bambino trovarono rifugio per la notte, fino all’incontro ravvicinato con una guardia di confine jugoslava che alzò i fili di ferro e li fece passare “dopo che la signora che ci accompagnava gli diede una busta. E io ho capito solo più tardi che dentro c’erano dei soldi”.
Dionis Bernobi si è poi soffermata sui primi tempi a Trieste, altrettanto difficili, perché la ragazzina in fuga è costretta a trovare rifugio da parenti alle prese con la miseria del Dopoguerra. “Non avevo le carte, ero apolide, e dunque non potevo andare a scuola né lavorare regolarmente: è stato il periodo più brutto della mia vita”. Finisce male anche il tentativo della famiglia di fare avere l’agognato certificato a Erminia, cucendolo all’interno di una pantofola della sorellina: qualcuno fa la spia e al confine italo-jugoslavo se ne accorgono. Così la giovane può tornare sui banchi di scuola solo a 20 anni, quando la madre riesce a raggiungerla a Trieste. Ma da qui inizia il suo riscatto: nel 1952 si sposa con Livio Bernobi, cugino di Norma Cossetto, e lavora come sarta fino ad avviare una sua attività che le varrà numerosi riconoscimenti.
Alle vittime delle foibe è stato dedicato il minuto di silenzio dell’Aula. Ringraziando Dionis Bernobi per la sua testimonianza, il presidente Zanin le ha consegnato il sigillo del Consiglio regionale.
Fonte: La Voce del Popolo – 14/02/2023