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”èStoria”, fioccano insulti nell’incontro sul caso Porzûs (Il Piccolo 20 mag)

Paolo Mieli all’inizio l’aveva detto: «Questo è il dibattito più delicato dell’intera rassegna». E così è stato: l’incontro sotto la Tenda Erodoto dedicato a «Porzûs. Violenza e Resistenza», è stato al calor bianco, con forti intemperanze da parte del pubblico, insulti, accesi interventi, accorate testimonianze di ex partigiani. Del resto non occorreva essere grandi profeti – tanto per restare al tema di èStoria – per prevedere un dibattito veemente su uno dei nodi più difficili da sciogliere della storia italiana contemporanea, l’eccidio di Malga Porzûs, dove, tra il 7 e il 18 febbraio 1945, sedici o diciassette partigiani (più una loro ex prigioniera) della Brigata Osoppo, formazione di orientamento cattolico e laico-socialista, furono uccisi da un gruppo di partigiani – in buona parte gappisti – appartenenti al Partito comunista italiano. È uno degli episodi più tragici e controversi della storia della Resistenza, che ha provocato a più riprese ondate di polemiche sui mandanti dell’eccidio e le sue motivazioni, e che, come si è visto ieri, è ancora lontano dal trovare la parola “fine”.

 

Del resto, come ha osservato Ernesto Galli Della Loggia, sul palco assieme a Ugo Berti editor de “Il Mulino”, Tommaso Piffer, che per il Mulino ha curato il libro “Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale”, e Mieli, che ha condotto l’incontro, la strage dei partigiani osovani «è un problema politico e storico» a partire dal quale si comprende come la lotta partigiana «non abbia avuto carattere unitario», relegando nel mito l’idea di «un’Italia nata dalla Resistenza», e illuminando una delle ragioni per cui alla nostra giovane «Repubblica manca un epos condiviso comune». Ma, posto che, come ha citato Berti, «la storia comincia quando finisce la memoria», è ancora sull’analisi dei fatti, dopo tre sentenze di tribunale, trent’anni di silenzio e un recente fiorire di studi, che non si riesce a sciogliere il doloroso nodo di Porzûs.

 

È bastato che Mieli addossasse tutta intera la colpa dei regolamenti di conti interni alla Resistenza in Italia ai partigiani comunisti («ditemi un solo nome di partigiano cattolico che abbia ucciso un partigiano comunista») che sotto la Tenda Erodoto si scatenasse un finimondo di pro e di contro. La ricercatrice Alessandra Kersevan, autrice del libro “Porzûs: dialoghi sopra un processo da rifare” (Kappa Vu), e che fra l’altro sostiene la tesi del complotto angloamericano vedendo nei fatti di Porzûs un prologo della Guerra Fredda, ha contestato i relatori, seguita da tutta una serie di interventi fra i quali quelli di due ex partigiani, l’osovano Villa e il garibaldino Silvino Poletto («Il delitto di Porzûs – ha detto – non trova giustificazione storica»), protagonisti di quei giorni. Un esempio di passato che non passa, a dispetto di qualsiasi profetismo.

 

Pietro Spirito

“Il Piccolo” 20 maggio 2012

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