La Croazia varerà le misure necessarie ad allineare la sua Legge sulla collaborazione giudiziaria (Lex Perković) con l’acquis communitaire. È questo il passaggio fondamentale della lettera invita dal premier Zoran Milanović al presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso.
Il capo dell’Esecutivo croato, nella sua lettera pubblicata sulle pagine Internet del governo, afferma di ritenere necessario informare il presidente della Commissione UE “sulle divergenze interpretative inerenti all’applicazione del mandato d’arresto europeo che sussistono tra il competente ufficio amministrativo della Commissione e la Croazia e in merito alla sovrana parità tra i Paesi UE”. “Sottolineo che non si tratta di una mancanza di volontà da parte della Croazia di attuare il mandato d’arresto UE, bensì di una diversa interpretazione del diritto di ogni Paese membro di essere pienamente equiparato agli altri. In tema di mandato d’arresto e della sua attuazione, purtroppo non è così”, ha scritto Milanović.
Nel prosieguo della lettera il premier croato ricorda che alcuni Paesi membri hanno posto a suo tempo limitazioni temporali duraturi all’attuazione dello strumento comunitario e precisa: “La Croazia è pertanto particolarmente preoccupata del fatto che il mandato d’arresto europeo non venga attuato allo stesso modo su tutto il territorio dell’UE. Inoltre, i cittadini dei Paesi membri, in situazioni analoghe, non vengono sottoposti allo stesso trattamento e questo porta a una situazione di incertezza giuridica”.ù
Nella lettera che il premier croato ha inviato al presidente Barroso non manca un riferimento alle dichiarazioni della portavoce della vicepresidente Reding, che parlando ai giornalisti ha detto: “Criminali, sospettati di aver ucciso dissidenti croati in altri Paesi dell’UE negli anni del regime comunista possono continuare a nascondersi dietro alle frontiere croate”. Inoltre, ha aggiunto Milanović, essa ha parlato della possibilità di attuare le sanzioni previste nell’art. 39 dell’Accordo d’adesione, concludendo che “le mosse croate rappresentano una seria violazione della legislazione UE”.
A tal riguardo il premier croato non ha mancato di andare diritto al punto: “Purtroppo devo chiedere tutela, ma anche una spiegazione, a lei in qualità di presidente della Commissione UE. Com’è possibile che un Paese membro dell’UE venga esplicitamente accusato di tutelare ‘assassini comunisti e criminali’?”, ha chiesto Milanović, ricordando che il suo governo da diversi mesi cerca di assicurare i voti necessari a modificare la Costituzione e abrogare la prescrizione per i crimini legati agli omicidi a sfondo politico, onde poter sottoporre a processo gli autori di questi reati che sono ancora in vita.
“Considerato che entrambi sappiamo molto bene che i portavoce non parlano a proprio nome, mi preoccupa ancora di più il linguaggio usato dalla rappresentante della vicepresidente Reding, la terminologia è infatti identica a quella usata dall’opposizione croata. Desidero credere che si sia trattato di un intervento non autorizzato del quale la signora vicepresidente (Viviane Reding, ndr) non fosse a conoscenza”, ha scritto ancora Milanović. Che aggiunge: “La Croazia ha una lunga esperienza in fatto di un buon dialogo costruttivo e votato alla partnership con la Commissione. Non sussistono motivi perché non sia così anche in questa occasione. Sono convinto che il dialogo debba sempre svolgersi attraverso contatti diretti tra i funzionari e gli uffici competenti delle due parti, e quanto meno possibile – ha concluso – nella dimensione della comunicazione pubblica”.
(fonte “la Voce del Popolo” 29 agosto 2013)