di Fausto Biloslavo
Trieste. Il tricolore con la stella rossa, la bustina di partigiani di Tito, slogan d’altri tempi e insulti a «Berlusconi fascista» sono l’incredibile messinscena che ha bloccato un gruppo di esuli italiani colpevoli di voler deporre dei fiori su una foiba. La gazzarra è scoppiata ieri mattina a 12 chilometri da Trieste, nei pressi del paese sloveno di Lokev (Corgnale di Divaccia). Alla fine gli esuli istriani, fiumani e dalmati, hanno dovuto far marcia indietro senza poter raggiungere la foiba. Una delle tante cavità carsiche dove nel 1945, a guerra finita, furono trucidati non solo italiani, ma pure sloveni.
Ieri mattina a Lokev, nella vicina e moderna Repubblica europea, la storia sembrava essere tornata indietro nel tempo. Gli esuli venivano bollati come «fascisti» e respinti in nome della «libertà dei popoli». Poche ore dopo il sottosegretario all’Ambiente, il triestino Roberto Menia di An, ha chiesto a muso duro che «la Slovenia si scusi ufficialmente con l’Italia e si vergogni di fronte all’Europa».
Il ritorno al passato inizia alle 9.30, quando una delegazione di esuli parte con un pullman dal capoluogo giuliano per raggiungere la voragine di Golobivnica. Nell’elenco ufficiale della Repubblica slovena è indicata come la foiba numero 401. L’anno prima una simile commemorazione era stata bloccata e multata dalla polizia slovena perché mancavano le autorizzazioni. «Questa volta avevamo 36 pagine di permessi ottenuti grazie al consolato italiano a Capodistria. Tutto in regola, ma è servito a ben poco», spiega Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli istriani che ha organizzato l’evento.
Arrivati a Lokev la settantina di esuli ha dovuto proseguire a piedi a causa di un divieto di transito posto, guarda caso, da poco. La comitiva si incamminaverso la foiba precedutada una croce di legno in segno di pietà per tutte le vittime della Seconda guerra mondiale. «Eravamo in silenzio, ma avvicinandoci abbiamo cominciato a sentire canti partigiani e slogan che non promettevano nulla di buono. Lungo la strada si intravedevano le prime bandiere slovene e jugoslave con tanto di stella rossa», racconta Lacota. A un certo punto gli esuli si trovano difronte a uno sbarramento umano di facinorosi. Come dimostrano le fotografie scattate dall’Unione degli istriani c’è chi porta orgoglioso la bustina dei partigiani di Tito o sventola un tricolore con la stella rossa in mezzo. Alcuni bambini, in stile Hamas, indossano uniformi mimetiche con simboli jugoslavi. E innalzano cartelli con le foto dei partigiani uccisi durante la Seconda guerra mondiale.
«Sembravano inferociti e dei giovinastri avvinazzati cercavano lo scontro fisico – denuncia Lacota –. Alcuni di loro tenevano in mano dei bastoni con punte di ferro. Sembrava di essere tornati indietro di oltre 60 anni». Gli esuli sono stati accolti dallo slogan caro ai titini «smrt fašizmu, svoboda narodu» (morte al fascismo, libertà al popolo). Fra di loro c’erano anche parenti degli infoibati e l’ex generale Silvio Mazzaroli, che comandò i soldati italiani in Mozambico e Kosovo.Fra i contromanifestanti, diverse decine, si è visto Samo Pahor, un agit prop della minoranza slovena di Trieste.
I facinorosi avevano sbarrato la strada verso la foiba fin dall’alba. Unosparuto gruppo di poliziotti sloveni non ha fatto nulla per sgomberare i filo titini. La gazzarra è durata un’ora con accuse di «porci italiani» e «sporchi fascisti» gridate dagli sloveni nella nostra lingua. Alla fine gli agenti, pur ammettendo che la contromanifestazione non era autorizzata, hanno invitato gli esuli a lasciar perdere, perché la situazione diventava incandescente. La delegazione dell’Unione degli istriani ha depositatoi fiori per gli infoibati su un prato adiacente. Dai filo titini sono partiti slogan contro «Berlusconi fascista» e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, di centrodestra.«Non è accettabile che in un Paese che si dichiara moderno, civile ed europeo, non si possa deporre un fiore nei luoghi in cui ancora oggi riposano migliaia di vittime, per lo più innocenti, delle sanguinarie vendette partigiane», ha tuonato Lacota. Gli esuli raccontano che mentre tornavano verso il pullman un’anziana di Corgnale/Lokev è uscita di casa per sussurrare: «In quella foiba sono successe cose orribili. Grazie per essere venuti a ricordare questi nostri morti».