TERMOLI. Nemo profeta in patria. Un vecchio adagio che ricorre nelle cronache quotidiane e che oggi vogliamo riesumare per sottolineare quanto lo sforzo del Molise, delle sue istituzioni locali e della stessa città di Termoli a volte (quasi sempre, purtroppo) si perde nel vago ricordo dell’immaginario collettivo.
Lodi sperticate, prospettive di sviluppo, interrelazioni di genere. Quante chiacchiere e promesse sono state spese per lanciare in questi ultimi anni la cosiddetta cooperazione transfrontaliera, il cui principale alveo (oltre la misura di sostegno comunitaria identificata come Interreg) è stato la costituzione dell’Euroregione adriatica.
Un’associazione di regioni e province che affacciano sull’omonimo specchio d’acqua (ventitre in tutto) che mosse i primi passi, dopo il parto internazionale dell’idea avvenuta nell’assemblea del Consiglio d’Europa sulla spinta dell’allora presidente della camera degli enti locali Giovanni Di Stasi, proprio a Termoli.
Alla fine della prima decade del mese di novembre del 2004, infatti, l’auditorium del consorzio industriale Valle del Biferno ospitò la prima sessione ufficiale del progetto di integrazione territoriale, con la sottoscrizione del patto che preluse all’istituzione dell’Euroregione.
Quasi quattro anni in cui l’attività estera della Regione Molise, tra le più contestate dall’opposizione di centrosinistra, ma sicuramente tra le più dinamiche, ha registrato successi crescenti in termini di posizioni e prestigio.
Non solo rose, però.
Nell’ultimo numero pubblicato (e distribuito nelle edicole di tutta la penisola) della rivista Adriatico, una interessante inchiesta-intervista tratta proprio obiettivi, finalità e storia recentissima dell’Euroregione medesima. A parlare è il presidente del bacino sovra-regionale, l’istriano Ivan Jakovcic, che esplicita con dovizia di particolari questa primogenitura.
Peccato, che del percorso compiuto sino ad ora si ometta proprio l’evento che tenne banco a Termoli, per partire direttamente con la costituzione ufficiale del 30 giugno di due anni fa a Pola.
Una svista, una omissione voluta oppure una testimonianza ineludibile di quanto poco graffiamo fuori dai nostri confini?
Chissà, intanto nessun accenno, infine, nemmeno sul distretto del Basso adriatico che ha visto la luce qualche mese fa sempre sulla sponda molisana.
Una politica internazionale auto-referenziale non serve a molto, necessario sarebbe riuscire a mostrare i muscoli (e il cervello) oltre frontiera, magari potendo anche timbrare un bel cartellino giallo per il rampante presidente dell’Euroregione dalla memoria corta.
emanuelebracone@termolionline.it