Sono figlio di un profugo
di Ferruccio Sansa
Vedendo le immagini di quella povera gente che arriva disperata a Lampedusa rivedo la storia della mia famiglia. Vedendo i bambini rivedo mio padre.
Anche i miei nonni spinti dalla pulizia etnica di Tito e dalla strage delle foibe nel 1945 lasciarono la loro terra, l’Istria, abbandonarono case, amici, insomma la loro vita, e si imbarcarono su una nave che li portava verso l’Italia.
Mio padre mi ha sempre parlato di quei giorni con dolore, ma anche ricordando un grande calore umano. L’Italia di quegli anni era appena uscita dalla guerra, non era il Paese ricco di oggi. E nonostante questo accolse duecentomila esuli dall’Istria. Certo, erano italiani, ma questo non deve contare, si parla di uomini, e il passaporto non conta.
Penso alla mia famiglia, penso a mio padre che arrivò in Liguria e fu accolto da una terra capace di grande solidarietà. Tanto che la Liguria divenne la nostra terra. E io, che pure non ho sangue genovese, amo questa città dove vivo con tutto me stesso.
Ecco, è comprensibile guardare con apprensione alla nuova ondata di profughi, ma l’Italia è un grande Paese. Arriveranno cinquantamila persone.
Tante se le immaginiamo tutte insieme, ma in fondo vuole dire una su mille, una ogni quartiere. Ce la possiamo fare benissimo.
Da tre mesi ormai assistiamo ogni giorno ai proclami allarmati del Governo, ma invece di parlare i ministri avrebbero potuto prendere misure concrete.
Invece abbiamo già perso tre mesi da quando è cominciata la guerra in Tunisia.
Se questi profughi, anzi, questi uomini, queste donne, questi bambini saranno accolti bene non saranno un problema. Ma cerchiamo di essere concreti, non facciamo soltanto discorsi ideali che potrebbero sembrare troppo facili: sarebbe essenziale, per esempio, organizzare per loro corsi di lingua italiana, corsi professionali. Bisognerebbe pensare a misure concrete, per esempio, non so se qualcuno ci ha mai pensato, a importanti sgravi fiscali per chi affitta ai profughi le case a prezzi calmierati.
Oppure ad agevolazioni a chi li assume nelle loro imprese.
Invece finora il Governo, e soprattutto la Lega, hanno preferito atteggiamenti vittimistici soprattutto nei confronti dell’Europa. Ma lasciamo perdere la propaganda, limitiamoci ai fatti: Maroni dice che potrebbero arrivare cinquantamila profughi. Bene, la Germania in questi anni, senza fiatare, senza chiedere l’aiuto dell’Europa, ne ha accolti mezzo milione. E nonostante questo, anzi, anche grazie a questo, sta vivendo un boom economico senza precedenti. Perché i profughi sono diventati cittadini, con diritti, ma anche doveri. Hanno fornito manodopera essenziale allo sviluppo.
Non sono io a dirlo. Sono i dati dell’Istat e di Confindustria: l’Italia, dicono gli industriali, non io, avrebbe bisogno di ancora più immigrati per le sue industrie che stanno vivendo una crisi pesante. Senza contare i servizi alla persona in cui gli immigrati danno un contributo essenziale alle nostre famiglie sempre più anziane.
È vero, i profughi, se non trovano lavoro, se restano a vivere in centri di accoglienza possono diventare un problema per l’ordine pubblico e la sicurezza.
Ma allora accogliamoli, garantiamo loro un futuro e facciamo loro sentire che noi li vediamo soprattutto come persone. Che condividiamo la loro sorte.
Dipende da noi. Se noi li accoglieremo bene, ce ne saranno grati, diventeranno italiani come noi. E ameranno il Paese che li ha ospitati. Come era accaduto sessant’anni fa a duecentomila profughi istriani, come era accaduto alla mia famiglia.
(courtesy MLH)