TRIESTE È cominciato sotto buoni auspici il XVI Festival Ave Ninchi accolto, come di consueto, al Teatro Miela dal folto pubblico di appassionati del teatro in dialetto. Le prime commedie rappresentate parlavano in veneziano e in triestino.
La stagione si è aperta con un classico che porta assai bene oltre un secolo di vita e continua tuttora a commuovere le platee: «El moroso de la nona» (1975) di Giacinto Gallina messo in scena dall’ associazione Grado Teatro per la regia di Bruno Cappelletti. Da una ventina d’anni la compagnia porta in giro per l’Italia questo lavoro che è veramente entrato nel suo Dna, ogni attore ha potuto rifinire il proprio ruolo in ogni sfumatura, probabilmente affezionandosi sempre più al personaggio. Ne è uscita un’interpretazione esemplare che tocca le corde dei sentimenti e nello stesso tempo è colorita e fluente nei dialoghi. La storia di una modesta famiglia di gondolieri ci coinvolge con la spontaneità dei suoi protagonisti da Momolo (Tullio Svettini) a nonna Rosa (Arianna Salvador) e al suo antico innamorato (Renato Sclauzero).
Il gruppo Amici di San Giovanni ha messo in scena la storia di Trieste e i trent’anni di vita della compagnia nella commedia musicale «Canta canta che te darò el pignol» di Giuliano Zannier. Ambientata in una radio privata illustra attraverso scenette, flash e numerosissimi interventi musicali i momenti chiave vissuti dalla città nel passato lontano e recente, sottolineando con spirito la quintessenza della triestinità. I punti di forza, in senso canoro, sono i Bandomat (Leo e Ruggero Zannier) sempre irresistibili ma tutta la troupe funziona a meraviglia con attori che si improvvisano cantanti e viceversa, e soprattutto con l’eccezionale affiatamento che lega tutti i componenti della compagnia.
Modesto e non in linea con il Festival invece il terzo lavoro «L’ombra del vin» di Gianni Zenna proposto dal centro Sperimentale Teatrale Il Palco di Dolo (Venezia). Una farsa ambientata nel ‘700 che riprende movenze e gag da commedia dell’Arte con la riduzione dei personaggi a pure maschere buffonesche.
Liliana Bamboschek