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Fini: riportiamo in Istria la cultura, non il tricolore (Il Piccolo 22 feb)

di GABRIELLA ZIANI

TRIESTE Non basta dire finalmente la verità sulle foibe, bisogna anche ridare al nuovo corso della storia, riconosciuta e condivisa, la casa ch’è andata perduta: una casa fatta di mattoni ma soprattutto di lingua e cultura.

Ieri mattina all’inaugurazione del monumento alla giovane istriana Norma Cossetto, morta nel 1943 seviziata e infoibata, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha lanciato da Trieste, dal quartiere degli esuli attorno a via Capodistria dove tutte le strade hanno il nome di qualche luogo abbandonato, l’indicazione del lavoro che resta ancora da fare: «Chi perse tutto – ha detto Fini davanti a una piccola grande folla, ai parenti di Norma e a chi seguiva l’evento dai balconi circostanti, ornati di tricolore – oggi merita le scuse, ma anche qualcosa di più rispetto all’indennizzo materiale, serve qualcosa di più alto: in quelle terre dobbiamo riportare non il tricolore di Stato, ma il dialetto, la memoria patria, la cultura, senza alcuno spirito aggressivo verso i Paesi che sono nati dalla disgregazione della ex Jugoslavia, ricordando però che l’Istria è terra veneta, romana, dunque italiana».

Accanto stava il sottosegretario triestino Roberto Menia, che da leader di An aveva anni fa annunciato di voler riportare in Istria proprio il tricolore. Provocazioni oggi trapassate, Fini fa riferimento all’Europa, «che è tale solo se rispetta l’identità dei popoli». Promette che i nati nelle zone ex italiane e poi jugoslave dovranno avere una correzione sulla carta d’identità e si rammarica che alla sofferenza degli esuli per «pagine di storia che non fanno onore all’umanità» si sia sommata a suo tempo «l’umiliazione di non sentirsi accolti con l’attenzione che si aspettavano», aggiungendo così «al dolore che non poteva passare l’indignazione verso l’Italia che volgeva gli occhi da un’altra parte».

Arrivato alle 11.15 nella piazzetta gremita, tra labari e gonfaloni, politici, crocerossine e gente comune, Fini, in abito nonostante la temperatura piuttosto rigida, ha delicatamente carezzato il viso di Licia Cossetto, la sorella di Norma, con cui nel nome della comune battaglia ha fatto negli anni amicizia: la sua prima visita a Trieste da presidente della Camera è stato un omaggio personale a lei, elegante e pulita nel suo sincero ringraziamento pubblico a tutti, anche al sindaco Dipiazza. Che aveva aperto la cerimonia parlando di Norma come di un «fiore» rispecchiato ora dal monumento eretto nel quartiere, che molti esuli avrebbero invece voluto alla foiba di Basovizza, giudicando poco «alta» questa postazione quasi rionale, l’eroina degli esuli fra gli esuli.

«L’Italia – ha detto il sindaco ripercorrendo la storia troppo taciturna del passato – ha pagato la guerra con i beni degli esuli e ha trascurato la storia di 350 mila persone: Trieste ne è la capitale morale, e molto ha fatto perché si conosca e ricordi, affinché simili atrocità non si ripetano». Ringraziato anche lo stesso Fini: «Impegno costante – gli ha riconosciuto Dipiazza – sincero, saggio, intelligente, proiettato verso un dialogo per la memoria condivisa». Ora c’è la Giornata del ricordo, Norma è medaglia d’oro per mano dell’ex presidente Ciampi, si sta aprendo il Museo della civiltà istriana, e come si sa anche un giovane sacerdote istriano morto nelle foibe è stato proprio a Trieste dichiarato beato.

Così il vescovo Ravignani ha altrettanto citato il ricordo di «brutalità che riempie il cuore di amaro sgomento e profonda tristezza». Poi il monumento è stato scoperto, una stele con l’effigie della ragazza, e sotto una frase: «A Norma cui l’amore patrio spinse a far dono della vita per l’italianità della sua Istria». C’è una sgrammaticatura davvero curiosa, in questo omaggio all’italianità, ma il pathos è stato affidato ad altre parole, due poesie sulla terra perduta, e ad altri messaggi: l’inno d’Italia in apertura, il canto «Terra rossa» e il «Va’ pensiero» dal «Nabucco» di Verdi con il Coro delle comunità istriane. Anche Fini si è unito, là dove i versi parlano della patria, poi è sceso a salutare i coristi, e poi ripartenza veloce.

Il drappello di autorità e politici non aveva quasi trovato un proprio assetto spaziale nel piccolo slargo, continuamente dirottato da un ampio servizio d’ordine: Pdl e soprattutto naturalmente la costola ex An era presente in massa, ma c’erano anche consiglieri di Comune e Regione del centrosinistra. La presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, l’unico centrosinistra «di potere» nell’occasione, non ha avuto la parola ed è rimasta nel gruppo con regolare fascia azzurra sul pellicciotto, tra carabineri in alta uniforme, bersaglieri, alpini, tra labari di cittadine istriane e di Dalmazia (con le dame vestite di uno sgargiante mantello rosso) e il gonfalone della città di Trieste, tra crocerossine e rappresentanti delle associazioni degli esuli, tra fotografi e telecamere, mazzi di fiori e tricolori.

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