In occasione della celebrazione del Giorno del Ricordo 2022 il comitato provinciale di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e la Società di Studi Fiumani hanno organizzato presso la Casa del Ricordo (struttura che Roma Capitale ha affidato a loro fin dall’inaugurazione a gennaio 2015) la conferenza “Foibe, esodo e dopoguerra al confine orientale”.
Introducendo l’evento, moderato da Lorenzo Salimbeni (responsabile comunicazione Anvgd), la professoressa Donatella Schürzel, presidente del comitato Anvgd di Roma, ha ricordato gli importanti passi avanti compiuti nella conoscenza della storia del confine orientale italiano dall’istituzione del Giorno del Ricordo in poi. A fronte della cospicua produzione storiografica, delle raccolte di testimonianze e delle dichiarazioni istituzionali, «chi si ostina a negare, giustificare o sminuire le pagine di storia nazionale inerenti Istria, Fiume e Dalmazia merita solamente l’oblio». Tra le più recenti iniziative realizzate con il contributo dell’Anvgd romana, la vice presidente nazionale dell’associazione ha evidenziato l’intitolazione proprio il giorno prima a Lariano (località dei Castelli romani) di un giardino nei pressi delle scuole cittadine ad Alice Abbà, ragazzina infoibata assieme alla madre pochi mesi dopo che uguale sorte era toccata al padre guardia municipale di Rovigno: «Anche così si restituiscono dignità e visibilità a pagine di storia nazionale e ai martiri dell’italianità che erano stati dimenticati troppo a lungo»
Il Senatore Maurizio Gasparri ha quindi ricordato il suo impegno a favore delle rivendicazioni degli esuli iniziato ben prima dell’approvazione della Legge istitutiva del Giorno del Ricordo avvenuta il 30 marzo 2004: «Erano ad esempio gli anni Novanta – ha raccontato il parlamentare romano – allorché balzò agli onori della cronaca una mia interrogazione in merito alla trattazione delle foibe nei libri di testo alla quale la sottosegretaria all’Istruzione Rocchi dette una risposta assolutamente inadeguata. In quell’occasione il compianto Giampaolo Pansa condivise le mie istanze e parimenti bocciò la risposta che avevo ricevuto dalla rappresentante del Ministero di viale Trastevere» Gasparri ha quindi ricordato il lavoro svolto più recentemente in commissione al Senato durante l’approvazione della nuova Finanziaria affinché non venissero decurtati i fondi pubblici a favore delle attività di ricerca e divulgazione svolte dalle associazioni degli esuli.
Si è, invece, soffermato sul libro “Verità infoibate”, scritto l’anno scorso da Fausto Biloslavo e Matteo Carnieletto, Marino Micich, Direttore del Museo Archivio Storico di Fiume, una delle istituzioni culturali più rilevanti del Quartiere giuliano-dalmata di Roma e dell’associazionismo della diaspora adriatica in generale. «Non si tratta di un libro di storia, bensì di un libro di storie – ha spiegato Micich – che gli autori, da bravi giornalisti, hanno saputo raccogliere, documentare e illustrare. Si passa dalle pensioni erogate dall’Inps a beneficio di conclamati infoibatori al cavalierato della Repubblica italiana conferito a Tito passando per il recupero della salma del Senatore Gigante dalla fossa comune di Castua in cui l’avevano sepolto i partigiani comunisti jugoslavi nel maggio 1945 dopo averlo sequestrato a Fiume ed eliminato»
Proprio Matteo Carnieletto ha concluso i lavori della conferenza con parole ed immagini dedicate a Goli Otok, il campo di rieducazione in cui Tito segregò i “cominformisti”, cioè i comunisti jugoslavi (e della comunità italiana autoctona) che dopo l’uscita della Jugoslavia dal Cominform (la struttura di coordinamento del comunismo mondiale con sede a Mosca) ribadirono la propria fedeltà alla linea dettata da Stalin e dal Cremlino: «Visitata casualmente dal Ministro dell’Interno della repubblica socialista croata durante la ricerca di una cava di marmo da mettere a disposizione di un artista inquadrato dal regime titino – ha spiegato il giornalista de ilgiornale.it – l’Isola Calva si è rivelata più idonea come luogo di detenzione. I meccanismi perversi che regolavano tale sito imponevano una sorta di autogestione carceraria, in cui ciascun detenuto doveva vigilare, punire e “rieducare” i suoi compagni di sventura se non voleva subire trattamenti più severi» La privazione del sonno, un frettoloso passare da un lavoro coatto all’altro, sedute alienanti di indottrinamento politico e la distruzione di qualsiasi solidarietà fra detenuti sono alcuni degli atroci aspetti di Goli Otok che Carnieletto ha descritto in un reportage realizzato per la testata online InsideOver: «I resti di questa prigione a cielo aperto sono in rovina e abbandonati, non c’è un minimo di interesse a coltivare la memoria di uno dei crimini compiuti dalla dittatura comunista di Tito»