ANVGD_cover-post-no-img

Frattini: a rischio Serbia e Montenegro in UE (Il Piccolo 15 feb)

di MAURO MANZIN

TRIESTE In politica estera il ministro degli Esteri Franco Frattini chiede con forza un maggiore impegno dell’Unione europea nell’area balcanica con l’appello a non esaurire la spinta all’allargemento dopo l’adesione della Croazia. In politica interna invece non tradisce la linea del Pdl, si dice convinto che la legislatura andrà avanti e che cambiare premier ora sarebbe un affronto agli elettori. E il capo della diplomazia italiana non vuole assolutamente essere tacciato per l’avvocato di Berlusconi.

Iniziamo con la politica estera. Riuscirà la Croazia a chiudere le trattative con l’Ue entro giugno?

Lo consideriamo un obiettivo ambizioso e ancora possibile. Ne ho parlato con il ministro degli Esteri dell’Ungheria che guida il semestre di presidenza il quale ha confermato che questa è una loro priorità.

Se ciò non dovesse accadere?

Ci sono alcune parti che ancora mancano nella negoziazione dei capitoli rimanenti che potrebbero far slittare, ma non di molto, il tutto all’inizio della presidenza polacca. Questo non pregiudicherebbe la data di accesso effettivo, perché la firma del trattato di adesione precede sempre di alcuni mesi. In altri termini l’inizio del 2012 resterà comunque il momento dell’adesione effettiva della Croazia all’Ue, sia che il trattato lo firmiamo a giugno, sia che lo firmiamo a settembre.

Ci saranno problemi tra i Ventisette per la ratifica dell’adesione della Croazia?

Non credo. Abbiamo percepito che sulla Croazia ci sarà una ratifica nei tempi consentiti, l’Italia ha promesso che sarà il primo Paese a ratificare e lo faremo per dare un segnale agli amici croati.

E il dopo Croazia?

Questo è un quesito che mi fa preoccupare perché il vero rischio che noi abbiamo davanti è che per altri Paesi dei Balcani, penso alla Serbia e al Montenegro, ci sia da parte di alcuni Paesi quella stanchezza dell’allargamento che può far dire: ”Beh, dopo la Croazia prendiamo un po’ di tempo”. Sto lavorando moltissimo perché ciò non avvenga.

Come valuta la protesta dei 70mila contro il governo nelle piazze di Belgrado?

Ho incontrato il presidente Tadic a Belgrado, ne abbiamo parlato, credo che qui l’Europa dovrebbe essere meno timida di quanto lo è stata. Qui abbiamo il presidente di un governo pro Europa, dall’altra parte abbiamo quelli che non vogliono l’Europa ma vogliono un sistema nazionalistico spinto, beh l’Europa non può sempre dire: ”Noi non prendiamo posizione”. Qui l’Europa deve prendere una posizione.

Per quanto riguarda l’allargamento c’è un grosso problema in Bosnia con lo stallo politico e istituzionale in atto…

È una situazione che mi preoccupa molto. C’è un risultato chiaro nella Republika Srpska, c’è una grande incertezza nel negoziato tra le tre parti in Bosnia-Erzegovina e, ancora una volta, viene chiamata in causa l’Europa. Sono stato a Sarajevo prima delle elezioni e ho visto come funziona l’ufficio dell’Alto rappresentante e credo che per dare più impulso alla soluzione di questa situazione difficile occorrerebbe più Europa a Sarajevo.

In altri termini?

L’Europa dovrebbe intanto riflettere sull’aggiornamento degli accordi di Dayton che, essendo datati ed essendo stati firmati in un mondo che era completamente diverso da quello di oggi, richiederebbero un aggiornamento politico e che per fare questo l’ufficio dell’Alto rappresentante debba rapidamente trasformarsi in una vera struttura di rappresentanza europea.

Perché questa esigenza?

Perché questo darebbe la certezza anche ai nostri amici americani che c’è lì più Europa e che noi facciamo sul serio. Questo è il punto politico sulla Bosnia.

E veniamo alla politica interna. Perché veste sempre i panni dell’avvocato di Berlusconi?

Perché ci sono degli sprovveduti che me lo attribuiscono questo ruolo. Io non sono affatto l’avvocato di Berlusconi. Credo di avere anche una competenza giuridico-istituzionale che mi consente di dire delle cose che magari gli altri non sanno. Sono rimasto sorpreso dello stupore suscitato dall’aver detto che c’è una corte di Strasburgo che da almeno 10 anni ha una giurisprudenza consolidata sulla violazione della privacy. Una cosa ben nota.

Esiste oggi un’alternativa a Berlusconi?

L’unica alternativa può essere un ricorso agli elettori con una candidatura che, se si andasse a votare nell’arco di qualche mese, non potrebbe essere se non Berlusconi.

Perché?

Perché questo ritorno anticipato alle urne non sarebbe per una scelta di esaurimento del programma di governo, ma per una pressione di Palazzo che non possiamo accettare.

Ci sarà o no bisogno di tornare alle urne?

Credo di no e sono convinto che da qui al 2013 si formerà un gruppo dirigente nel partito Pdl nel quale si definirà una scelta, un’indicazione, una candidatura che potrà a quel punto essere la candidatura votata dagli italiani. L’idea che si sia votato e che senza tornare nuovamente alle urne si possa dire chi al posto di Berlusconi può essere il capo del governo è qualcosa che confligge con il mio personale punto di vista della scelta democratica.

Ultimamente però si parla molto di una possibile ipotesi Tremonti…

Tutte le ipotesi hanno un senso se corroborate dal voto. Lo stesso Tremonti ha dichiarato che non ritiene immaginabile un cambio in corsa che avrebbe il sapore di una manovra di Palazzo. Bossi è stato, come sempre nella sua saggezza, molto più diretto. Quando gli hanno detto: ”Tremonti premier”, la risposta è stata: ”Ma Giulio mica è matto”.

Galli della Loggia dice che questa situazione tiene in ostaggio il Paese. Lei che ne pensa?

Questo clima di delegittimazione reciproca tiene in effetti in ostaggio il Paese, tiene una situazione che, nell’interesse del Paese, dovremmo sbloccare. Sono convinto che gli appelli al dialogo fatti dal Presidente Napolitano sono saggi e vadano ripresi.

Ma il recente voto sul federalismo non va certo in questa direzione…

Per due settimane supplementari la maggioranza ha cercato di venire incontro alle domande dei comuni e della sinistra che hanno portato ad arricchire quel provvedimento con misure anche molto costose, oltre 1 miliardo di euro. Ma alla fine la risposta è stata: siccome l’esercizio federalismo lo guida Berlusconi da primo ministro noi votiamo contro. Un errore politico da parte della sinistra e del cosiddetto polo della nazione.

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.