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FVG, l’Ocse denuncia il rischio isolamento (Il Piccolo 11dic12)

Un appello ad agire e investire sul fronte della logistica. Ma anche un traguardo imposto dai numeri: se i porti di Trieste e Monfalcone non raggiungeranno entro o il prossimo quinquennio l’obiettivo dei 2 milioni di Teu ( misura standard di volume dei container), la “piattaforma Friuli Venezia Giulia” non avrà più senso. Ne beneficerebbero Capodistria e Venezia. E per la nostra regione sarebbe l’isolamento. A Udine, in Camera di commercio, sollecitati dalla premessa del presidente Giovanni Da Pozzo, dallo studio Ocse illustrato dal direttore del Centro nell’area Pmi Sergio Arzeni e dall’intervento del docente universitario Sandro Fabbro, Riccardo Riccardi e Debora Serracchiani concordano sulle cose da fare. Perché l’obiettivo, schieramenti a parte, è lo stesso: concretizzare la centralità europea della regione.

 

Sono i numeri che avviano il dibattito. Quelli contenuti nella ricerca Ocse commissionata dalla Cciaa friulana, spiega Da Pozzo, «come strumento a supporto delle istituzioni e della politica per poter mettere in campo una strategia di sviluppo, che crei attività d’impresa e occupazione». Si scopre così che nel periodo 1996-2010, mentre Trieste passava da 177mila a 281mila Teu (+59%), Capodistria (+637%) volava a quota 476mila e pure Venezia (+133%) sorpassava con 393mila Teu. Di qui l’obiettivo di crescere, in generale per i porti dell’Alto Adriatico, da tre a cinque volte: da 1,6 a 5-6 milioni di Teu l’anno. E di superare una delle principali criticità: la competizione tra Ravenna, Venezia e i porti friul-giuliani e tra questi ultimi e quelli dell’Istria. Punti di forza per Trieste e Monfalcone? Posizione geografica e maggiore capacità di interscambio modale marittimo-ferroviario sia nel comparto container che in quello dei carichi rotabili stradali trasportati su navi e caricati su carri ferroviari, la cosiddetta “autostrada viaggiante” in cui Trieste primeggia a livello europeo. Pungoli per chiamare le classi dirigente e politica a evitare il rischio dell’emarginazione, a investire nella combinazione porti, retroporti, inland terminal e filiere produttive, a condividere i servizi logistici fra imprese, ad attrarre investimenti e traffici internazionali, a creare una nuova imprenditorialità legata al settore della logistica. Riccardi parla non a caso di scelte «coraggiose e non più rinviabili».

 

Non bastano geografia, fondali marini, ferrovia Pontebbana tecnologicamente avanzata, «serve anche una logistica all’altezza», afferma l’assessore regionali ai Trasporti rimarcando le necessità delle pari condizioni tra l’Italia e gli Stati confinanti, per evitare le fuga delle imprese, e degli investimenti: «Bisogna porli in essere per la rete autostradale e per quella ferroviaria, anche se si tratta in questo secondo caso di un problema politico». Lo stesso richiamo, dopo un avviso sulla terza corsia («È indispensabile ma va fatta coinvolgendo Roma e Bruxelles, senza giocarci due asset come Autovie e Friulia») arriva anche da Serracchiani: «In questo momento l’Italia sta dimostrando scarso interesse per ciò che avviene nel Nordest: anche all’interno dei corridoi europei, se non riusciamo a farci valere come snodo cruciale, rischiamo di essere tagliati fuori». E ancora: «La filiera territoriale della logistica rappresenta il futuro ancor prima della piattaforma logistica. Ma le scelte vanno fatte adesso. Abbiamo 16 metri naturali, a tratti 18, nel porto di Trieste. Questo ci è stato dato dalla natura, il resto mettiamolo noi».

 

La Regione? «Deve avere forti interlocutori nazionali ed europei, per non subire bensì governare le scelte». Tutti d’accordo, dunque, per un’azione comune. La dotazione infrastrutturale, chiude Arzeni, può infatti «condizionare lo sviluppo di una regione. Trieste deve diventare parte di un’area vasta, collegare tutta la retroportualità, il sistema dei trasporti e la filiera logistica integrata. Il capoluogo è l’hub ideale, ma il gap da colmare in termini di integrazione è notevole». Gap nei confronti di Capodistra e Fiume, secondo Arzeni, non tanto sui costi, «quanto sull’efficienza, sulle strutture, sulla puntualità».

 

Marco Ballico

“Il Piccolo” 11 dicembre 2012

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