Celebrando i 70 anni del ritorno dell’Italia a Trieste, bisogna anche ricordare le figure che nel lungo e travagliato dopoguerra giuliano si adoperarono per dimostrare che il patriottismo ed il sentimento nazionale erano ancora vivi e sapevano esprimersi in maniera democratica. Dal 1949 al 1957 fu sindaco di Trieste il rovignese Gianni Bartoli, già rappresentante della Democrazia Cristiana nel Comitato di Liberazione Nazionale di Trieste ed insignito con due croci al merito di guerra per la partecipazione alla lotta partigiana nei ranghi dei Volontari della Libertà.
Giovedì 17 ottobre alle ore 18:00 il Comitato provinciale di Milano dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia organizza sulla pagina Facebook ANVGD di Milano. Per far conoscere e tramandare la storia della Venezia Giulia la videoconferenza di PIETRO TREBICIANI (giornalista, caporedattore emerito del quotidiano Il Piccolo di Trieste; responsabile per Trieste dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani)
GIANNI BARTOLI, UOMO:
LA SUA VITA PER TRIESTE, PER L’ITALIA
che sarà poi visibile sul canale YouTube ANVGD Comitato di Milano.
Animato da profondo patriottismo e da una salda fede cattolica, sensibile alle tragedie che colpirono l’Istria dopo la fine della Seconda guerra mondiale, durante il suo mandato di Sindaco Bartoli veniva bonariamente soprannominato “Gianni lagrima” per la sua abitudine a commuoversi, ma dimostrò presenza e carattere in anni molto difficili. Egli infatti si trovò ad amministrare una città la cui sorte era ancora in sospeso tra Italia e Jugoslavia, tra mondo libero e dittatura comunista, confrontandosi con l’ingombrante presenza del Governo Militare Alleato.
Negli anni di Bartoli sindaco democraticamente eletto affluirono migliaia di profughi dall’Istria che rivoluzionarono l’assetto sociale e demografico del capoluogo giuliano: questo traumatico inserimento passato attraverso le disagiate condizioni dei Centri Raccolta Profughi e l’assegnazione di case popolari, fu gestito con particolare sensibilità dal primo cittadino assieme ad un altro rovignese carismatico, il Vescovo Antonio Santin. Potere civile ed autorità religiosa che furono punto di riferimento per la cittadinanza anche durante le sanguinose giornate di novembre 1953, preludio al giubilo del 26 ottobre 1954 con il ritorno dell’amministrazione civile italiana almeno a Trieste.