Sono editi nel numero 2 della terza serie degli «Atti e Memorie» della Società Dalmata di Storia Patria i contributi dei relatori del Convegno Giuseppe Praga storico dalmata, da Zara a Venezia, promosso a Venezia dalla Società nel 2009, in occasione del cinquantenario della morte del prestigioso esponente della cultura e della storiografia dalmate italiane. Ne traccia un esauriente ritratto Rita Tolomeo nella relazione di apertura, ricordandone la ricca formazione ricevuta nell’Università di Vienna, presso la quale il giovane Praga seguì i corsi di filologia e linguistica romanze, filologia slava, letteratura italiana e filologia bizantina e neogreca, acquisendo dunque una preparazione di notevole spessore della quale si sarebbe avvalso più avanti per il suo appassionato impegno di studioso e di intellettuale in un arco di tempo che avrebbe visto la sua Dalmazia investita da due conflitti mondiali e da drammatiche contese nazionali.
Collaboratore dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, ricorda Tolomeo, «le sue ricerche confermavano ancora una volta gli stretti legami tra le sponde dell’Adriatico in secoli in cui il confine non era la frontiera invalicabile degli stati-nazione. Notai fiorentini svolgevano la propria attività in Dalmazia, artisti dalmati lasciavano traccia di sé presso le diverse corti italiane, umanisti e poeti arricchivano con le loro opere il patrimonio culturale delle genti adriatiche». Animatore della vita intellettuale zaratina tra le due guerre, suoi contributi scientifici vennero pubblicati su autorevoli riviste estere e la Société de Linguistique Romane volle inserirlo tra i suoi componenti: ma il suo più profondo e appassionato interesse fu rivolto alla sua città natale e alla Dalmazia, per le quali volle istituire nel 1926 una Società di studi di storia patria, la medesima che, ricostituitasi dopo l’esodo, dal secondo dopoguerra prosegue nel meritevole lavoro di ricerca e di divulgazione scientifica del grande patrimonio culturale dalmato. Nella doppia veste di direttore dell’Archivio di Stato di Zara (sia pure pro tempore) e della Biblioteca comunale Paravia, Praga si impegnò negli anni in una profonda e razionale riorganizzazione dei fondi e dei cataloghi e all’implementazione delle raccolte e nel contempo – autentico instancabile lavoratore – prese ad impegnarsi nella stesura della sua Storia della Dalmazia, l’opera per la quale egli è forse più noto.
Dal 1943 il precipitare del conflitto nei territori dalmati, che Rita Tolomeo puntualmente ripercorre, avrebbe esposto a gravissimi rischi l’intero patrimonio librario e archivistico zaratino e regionale; la stessa abitazione e parte della biblioteca di Praga sarebbero state distrutte da uno dei tanti, devastanti bombardamenti da cui Zara venne in grande parte polverizzata, come raccontano le pagine di diario dello studioso pubblicate in questo volume degli «Atti e Memorie». Rifugiatosi in Italia già dal 1943, Praga si trasferì a Venezia, bibliotecario aggregato alla Biblioteca Marciana; benché spiritualmente angustiato dagli eventi e dalle perdite subite, nonché da lutti famigliari, si dedicò al riordino della sua biblioteca e del suo archivio sopravvissuti alla dispersione, avendo maturata la decisione di destinarli ad una istituzione pubblica. Di questo e del lavoro presso la Marciana si incentra la relazione di Susy Marcon, Le carte e i volumi di Giuseppe Praga, mentre Stefano Trovato esamina il ruolo di Praga bibliotecario. Una querelle giudiziaria del XVI secolo tra Pietro Ettoreo e Francesco Paladini – sulla quale Praga aveva iniziato ad indagare – consente a Sante Graciotti di mettere a fuoco le relazioni tra individui e comunità urbane e contadine nella Lesina del tempo, nonché le sottigliezze, anche erudite, del contenzioso fra i due patrizi dalmati.
Alla vita da esule di Praga, negli ultimi suoi 15 anni, è dedicato l’umano ritratto di Carlo Cetteo Cipriani che pone in evidenza l’amarezza ed anzi la sofferenza di Praga per il doloroso e violento distacco dalla terra natale e le precarie condizioni economiche sue e della famiglia, particolarmente negli anni 1944-’45 ma anche oltre. All’erudito zaratino in relazione alla sua Storia di Dalmazia e alla sua attualità è invece riservato il saggio di Egidio Ivetic, che investiga sulla “fortuna” dell’opera nel quadro della storiografia nazionale. Chiaramente ispirata al più fervido sentimento italiano che guidò l’autore nella descrizione del profilo della sua Dalmazia, la Storia «nelle sue linee essenziali – scrive Ivetic – rimane valida e interessante», e rimase per lungo tempo isolata: sia, ritiene Ivetic, per «motivi politici e opportunismo accademico», sia per lo scarso interesse degli storici italiani per le complesse regioni di frontiera, ma non di meno per la difficoltà di rapportarsi con la sterminate conoscenze maturate da Praga, «orizzonti di conoscenza difficili da raggiungere, a parte la barriera linguistica».
Nella Miscellanea di studi pubblicati in appendice a questo volume di «Atti e Memorie» si leggono i saggi di Paola Pinelli, La contabilità delle aziende mercantili di Ragusa (Dubrovnik) nella prima metà del Quattrocento, di Nenad Veselić sulla tradizione musicale nell’isola di Bua (Traù) sin dall’era tardo-antica.
Patrizia C. Hansen
«Atti e Memorie» della Società Dalmata di Storia Patria, n. 2, 3.a serie, (vol. XXXV),
La Musa Talìa Editrice, Roma_Venezia 2013, pp.275, € 20