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Gli eterni sconfitti che non vogliono dare un futuro al Ricordo

Luci ed ombre del Giorno del Ricordo. Fortemente desiderato nel profondo cuore dagli Esuli nei decenni di sofferto silenzio, desiderato senza essere nominato, perché innominabile, impensabile per decenni, appunto. Una vita, spesa a reinventarsi un’esistenza e a coltivare la memoria nel chiuso – talvolta asfittico – dell’intimità più remota. Il lato nobile, questo, perché incapace di malizia, perché innocente.
 Ma il Giorno del Ricordo – dichiarato con disprezzo da taluni inutile perché tardivo – ha inevitabilmente solleticato le velleità di quei piccoli spiriti che improvvisamente si sono sentiti chiamati al Grande Compito. Il Giorno del Ricordo, che non hanno minimamente contribuito ad ottenere, ha offerto loro un inaspettato palcoscenico sul quale esibirsi, e vi sono saliti con agilità: sono diventati, d’un colpo, storici, conferenzieri, divulgatori, curatori di mostre, estensori di lettere sgangherate, si sono inventati ruoli e professioni, si sono buttati a corpo morto sui blog, che accolgono tutto. Si sono autoproclamati tutori e depositari della verità, loro soltanto realmente Esuli, dimenticando un dettaglio: e dopo di loro?
 Sono gelosi, terribilmente gelosi: tant’è che non hanno coltivato dei giovani intorno a loro. Eppure il Giorno del Ricordo, con la legge sulla tutela del patrimonio storico e culturale degli italiani esuli dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia, offre risorse prima inesistenti. Non sono in grado di concepire progetti rivolti ai giovani, utili ad attirare l’interesse delle nuove generazioni. Sono convinti, sinceramente o meno, che il Giorno del Ricordo sia tutto loro, di non doverlo condividere con altri, che debba morire con loro. Ne ignorano il senso profondo: dare un futuro alla memoria. Per questo non hanno trasmesso alcunché a chi fosse più giovane, figli, nipoti o estranei che siano. E coltivano livore, sterili recriminazioni, sterili perché, in quella forma, non interessa a nessuno. Non conoscono, non immaginano che possa esistere una generosità della sofferenza; si sono destinati ad essere degli eterni sconfitti. E se ne beano, senza accorgersi che è il modo migliore per non essere ascoltati. Secondo questi perdenti il Ricordo dovrebbe spegnersi con loro: nobile esempio di amore autentico, o di demenza senile, questo che bolla, come fosse una condizione infamante, il prossimo come «non esule», quindi immeritevole di raccogliere il testimone.
 Leggiamo da tempo – per entrare nel concreto – che dall’ANVGD sarebbero partite offese e contumelie nei confronti di dirigenti di altre associazioni, ed altre amenità. Fandonie risibili, utili a dare aria ai polmoni. Da anni le pagine di taluni periodici sono riempiti di insulti diretti alla nostra Associazione; pagine senza altri contenuti, senza indicazioni utili ai profughi, senza costrutto, perché non sono in grado di averne. Pagine urlate, sguaiate e insensate, che riempiono, come i loro sentimenti, di intolleranza e di invidie. Non sanno coltivare altro. Con loro il Giorno del Ricordo non ha futuro, perché forse, in realtà, non interessa, o interessa, finché vivono, in quanto scanno sul quale salire per mostrare di esserci.
Ma intorno a loro? Dopo di loro? Che pena.

Patrizia C. Hansen
Direttore di "Difesa Adriatica"

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